Titolo: Doll Syndrome
Autore: Andrea Cavaletto
Prezzo: 16, 00 euro
(disponibile versione kindle a 2,99 euro)
Genere: horror
Trama: Dall’autore di
Paranoid Boyd un horror parafiliaco una discesa nelle profondità
della perversione umana riflesso malato della nostra società. L'Orco
è un ex mercenario che soffre di stress post traumatico. Disturbato,
feticista, erotomane e autolesionista, s’invaghisce di una ragazza
che osserva durante le pause lavoro, arrivando a sublimarla in una
bambola gonfiabile su cui sfoga le proprie pulsioni. Questo rapporto
malato e a senso unico, però, ha vita breve. L’arrivo imprevisto
di un terzo elemento lo spingerà a rompere ogni (dis)equilibrio, in
una spirale crescente di follia e dolore.
Recensione.
Lo dico fin da subito:
non è un romanzo per tutti. È brutale e violento fino ai limiti
della sopportazione, un ripetuto pugno allo stomaco con una scrittura
asciutta e tagliente che descrive in maniere totalmente truculenta
gesti, pensieri, atti che provocano orrore e disgusto. E non può
essere altrimenti: entriamo nella mente dell'Orco, come già ci
avverte una lungimirante prefazione.
Iniziamo con una narrazione aggressiva di febbrile delirio: mette in chiaro ciò
che andremo ad approfondire.
L'orco è l'alter ego del
nostro protagonista, di cui non scopriremo mai il nome. Ed è proprio
l'orco che riempie tutto lo spazio della narrazione, rendendolo denso
e angosciante: un vero tour nel parco degli orrori a cui non si può
sfuggire. Bipolarismo, autolesionismo, disturbo post traumatico da
stress, comportamento bordeline, sono solo alcuni dei tasselli che
troviamo cercando di dare un significato all'orco. Nel
corso della narrazione scopriamo come sia stato portato alla luce
l'orco ma forse è sempre stato lì, forse è solo riuscito a farsi
strada sulla superficie e a conquistarne ogni piccolo pezzo,
annullando il resto per poter governare in santa pace.
L'orco è autolesionista
e cerca di provare in tutti modi qualcosa, infrangendo qualsiasi
limite gli si ponga davanti. Si avverte, nella sparuta narrazione,
una consapevolezza di voler divorare qualsiasi cosa orrida che gli
capiti, con la voglia bruciante di volerla dominare. Ogni vuoto che
sente cerca di placarlo con il marciume disgustoso, forse perché si
sente affine ad esso, e una parte di lui, cosciente o meno, pensa di
meritare solo questo.
Durante il racconto
appuntito assistiamo, come inermi spettatori, l'orco che si "innamora" di una ragazza
incontrata al bar durante la pausa pranzo. La ragazza viene dal mondo
di fuori, il mondo a cui lui non appartiene perché non ne è mai
stato accettato, ma finge di farne parte tramite l'importante momento
giornaliero della vestizione. L'orco mantiene un'anonima maschera d'umanità: lavora in una lavanderia e questo sembra placarlo, almeno
sommariamente, proprio perché viene a contatto con “la seconda
pelle” degli altri e può carpirne gli sporchi segreti tracciati negli abiti sozzi di qualcosa da dover cancellare le tracce per poi... poter ricominciare daccapo.
La ragazza diventa un
chiodo fisso e l'orco ne costruisce su un'illusione malata: nella
propria immaginazione, l'orco, la modella a proprio piacimento
dandogli una propria intonazione e carattere, una propria versione e la trasforma
nella bambola gonfiabile che ha acquistato per poter dare libero
sfogo al suo desiderio sessuale.
Il fragile equilibrio
nella mente dell'orco viene interrotto bruscamente: la ragazza del
bar inizia a frequentare un coetaneo. L'orco è in balia di
sentimenti bruschi: tradimento, rabbia, gelosia. Inizialmente,
sfoga tutto ciò sulla bambola gonfiabile, come una violenta catarsi,
che rappresenta la ragazza, quindi, infligge quel corpo di plastica tutto
l'odio che riesce ad esprimere ma si rende conto che non è
abbastanza. Tutto ciò non fa che
dar da mangiare all'orco, lo irrobustisce per gli agghiaccianti atti
finali: l'orco cerca di spogliare questa ragazza all'appartenenza del
mondo di fuori in maniera a dir poco brutale.
Gli atti che seguono sono
innominabili, cruenti, cattivi. Ed è proprio così che l'orco,
utilizzando una violenza inaudita, crea altri orchi.
La scelta di narrazione è azzeccata e rende ogni momento incisivo, è uno stile che rispecchia l'umore dell'orco.
Sinceramente il racconto
a tratti mi ha costernato e mi ha dato un senso di angoscia
onnipresente. Ma forse è proprio questo che mira il racconto, a
farti dare un'occhiata a quanto può essere senza fondo la
perversione disumana? O cerca di metterti in guardia sugli orchi che
vivono in mezzo a noi?
Ed ecco, allora, il senso
di terrore si aggrappa, violentemente, alla tua pelle, cerchi
freneticamente di dar un volto all'orco, ma la domanda rimane senza
risposta ovvia: che volto ha un orco?
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