Shining
Recensione.
Vi avverto: è uno di
quei libri da cui non si esce più, una parte di te vagherà senza
sosta nei meandri di un luogo pregno di tante storie, che una volta
prese le sembianze di un hotel.
Ebbene, signori, qui non
esiste il check-out, non nell'Overlook Hotel.
La storia di Shining bene
o male la conosciamo tutti, sia per il celebre film di Kubrick (che
ha interpretato a modo suo la vicenda narrata), sia per il periodo di
lockdown che abbiamo vissuto tutti, insomma, ci siamo sentiti un po'
tutti Jack Torrance nei lunghi mesi di pandemia.
Nonostante ciò, il
romanzo è riuscito a meravigliarmi nel particolarissimo modo tipico
di King. Lo scrittore si prende il suo tempo per delineare e dare uno
spessore ai suoi personaggi: Wendy sente l'amarezza del suo
matrimonio in rovina, e si sente esclusa dalla particolare vicinanza
che vi è tra Danny, il figlio, e Jack, il marito; è una gelosia
ancora più cocente proprio perché ricalca quella che sua madre
provava per il rapporto tra padre e figlia. Jack, finge di essere un
uomo fin troppo brillante mentre raschia il fondo dell'ennesimo
bicchiere; uno scrittore fallito alla deriva che finge di non
esserlo. Danny è la purezza fresca e giovanile, eppure, è
perspicace e serio per la sua giovane età... soprattutto grazie alla
luccicanza che possiede, di cui i genitori sono vagamente
consapevoli.
L'Overlook Hotel
predomina la scena, senza essere invadente, fin dal suo primo
momento. Come una presenza paziente attende il suo momento per
rivelarsi. Quando la famiglia rimane in isolamento in questo
fantastico hotel, strani eventi iniziano ad inerpicarsi tra di loro.
All'inizio sono piccoli dettagli, un vago senso di malessere che ti
assale nel fissare una determinata porta chiusa o la consapevolezza
tagliente e totalmente ingiustificata di non voler dare le spalle
alle siepi di animali. Il terrore si condensa nei dettagli,
insignificanti.
Jack avverte una simpatia
reciproca per l'hotel, una simpatica che non fa altro che
infervorarsi nel ritrovamento di alcuni scatoloni pieni della storia
frastagliata del luogo, eventi burrascosi, omicidi a sangue freddo,
conti in sospeso da gangsters, suicidi, sono solo alcuni dei pezzi
che vanno a costruire l'oscura storia che si annida negli anfratti
dell'albergo. Jack ne diventa ossessionato, e noi con lui, mentre
divoriamo le pagine. Dall'altra parte, Wendy e Danny (ma anche Tony,
l'amico immaginario di Danny, che tenta in tutti modi di avvertirlo
del pericolo) provano un terrore vago e indefinito verso l'hotel, un
qualcosa che non riescono a spiegare fino in fondo o forse non
vogliono elaborarlo come si deve.
Le atmosfere dell'hotel
sono surreali, terrificanti fino all'inverosimile proprio per il suo
essere vaghe, inaspettate. King si dimostra un'eccellente scrittore,
capace di narrare una storia familiare combattuta, con i loro drammi
quotidiani in combutta con qualcos'altro. Qualcosa di inconsistente
che si avviluppa su di te, un orrore a cui non riesci a credere
nonostante tu lo stia fissando, un tremore che rende le tue gambe
molli come gelatine, incapaci di scattare, di fuggire via.
Gli eventi inquietanti si
moltiplicano. E mentre le bufere di neve infuriano fuori, in un mondo
bianco e crudele, l'Overlook inizia a stringere il cappio verso i
suoi ospiti, piano ma inesorabile... fino ad una sera particolare
dove tutte le ere dell'hotel si fondono insieme in una notte di
assoluta baldoria, coriandoli colorati adornano le facce ridenti dei
residenti mai andati via.
Assistiamo alla discesa nella pazzia di Jack Torrance, tra lampi di consapevolezza e pensieri
sempre più confusi, ammucchiati, verso un unico scopo indicibile ma
anelato dalle pulsioni nere del personaggio. Anche Danny riesce a
capirlo: il suo papà ha il ritroso desiderio di voler vivere per
sempre lì con gli altri.
Ed è proprio questo
desiderio che rende Jack inconsapevole d'essere manovrato come una
marionetta dall'hotel. Jack crede d'essere voluto per le sue qualità
e non riesce a capire che l'hotel ha sempre e solo desiderato Danny,
il bambino con l'aura accecante, colmo di un potere che non riesce
ancora bene a comprendere. Tuttavia, nella disperazione assoluta
provata da un bambino di soli sei anni, Danny, chiede telepaticamente
aiuto al cuoco Halloran, che possiede un pizzico di luccicanza, e che
verrà in soccorso alla famiglia.
È un crescendo che
culmina nell'Overlook che fa leva sui sentimenti oscuri di Jack per
prepararlo nell'atto finale, squisitamente atteso da tutte le
presenze dell'hotel e temuto e avvertito anche dalla famiglia
Torrance. La paura è satura.
Il finale spiazza ed
emoziona, con quella componente tipicamente kinghiana che ti strappa
e ti lascia sempre qualcosa dentro.
King è un maestro nel
saper condurti nei corridoio dell'hotel, come se tu fossi lì con
loro. Lo scrittore riesce a suscitare emozioni contrastanti, dal
disprezzo al terrore, dall'amore al perdono. Le sue parole ti
incollano alle pagine, e le divori.
Shining è un capolavoro
che mi ha colpita per l'incredibile capacità di saper narrare una
storia in cui c'è tutto: consapevolezza, riscatto, eredità,
tensione nelle sue differenti forme, l'orrore di avvertire
un'ascensore messosi in funzione nel cuore della notte, dettagli che
rimarranno a bollire dentro di te.
Capite, adesso, perché
in realtà non potremmo mai uscire dall'Overlook Hotel?
Parlerei ore e ore su
questo capolavoro personalmente inaspettato, ma non voglio scrivere
un papiro. Invito tutti i curiosi a leggerlo, non vi preoccupate
della mole del romanzo, non ci farete più caso una volta arrivati a
soggiornare nel fantastico hotel tra le montagne del Colorado.
Consiglio questo romanzo a chi:
- Desidera vivere un'esperienza a dir poco unica.
- Vuole approcciarsi alla narrativa di King.
- Sta ancora smaltendo gli effetti del lockdown.
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