L'Equilibrio del Tutto. Vol 1 di Le Cronache della Lunga Strada
Autore: Phedre Banshee
Titolo: L'Equilibrio del Tutto. Vol 1 di Le Cronache della Lunga Strada
Trama: “Mi chiamo Nìgariel Gardell, sono stato uno scienziato, un soldato, un amico, un traditore, uno sciocco. Aggiungerei anche pazzo, ma quello lo sono tutt’ora. Ho amato, con tutte le mie forze, ma raramente l’amore è sufficiente. Ho visto il meglio e il peggio di ogni Razza dell’Ombra, ho visto le favole prendere vita, ho ingannato il tempo per assistere ad avvenimenti che giudicavo impossibili, e ora voglio raccontarveli.” Dopo un’ibernazione di quasi cento anni, Nìgariel si risveglia in un mondo profondamente cambiato, dove gli Umani hanno perso il predominio e i Maghi, gli Elfi e i Nani possono finalmente vivere alla luce del sole. La Guerra dell’Ombra contro gli alieni Korg è alle porte e Nìgariel per sopravvivere dovrà trovare il suo posto e scendere a compromessi con i suoi lati più oscuri, che prenderanno sempre più spazio. “Affinché possiate capire, bisogna partire dal principio. Tutto è iniziato con una morte. Se vi hanno detto che la morte non è un inizio, credetemi, vi hanno mentito.”
Prezzo di copertina: 15,00 euro. (disponibile anche versione kindle unlimited a 4,99 euro)
Recensione.
Okay, fatemi essere chiari fin da subito: questo romanzo è
un concentrato di generi, popolato da tante creature e personaggi vividi, con
un ritmo narrativo proprio che provocherà dipendenza. Bene, ora possiamo
parlarne.
Il protagonista, nonché voce narrante del libro, è Nìgariel,
uno scienziato talentuoso assetato di conoscenza. Insieme ai suoi due amici,
Michele e Karim, riesce a perfezionare la creazione del padre, la “Bara
Glaciale” una capsula di ibernazione all’avanguardia.
La narrazione prende immediatamente, una prosa malinconica,
piena, che oscilla tra lo struggente e l’inquietante. È tutto avvolto da un
mistero che inizia a sfiorarci, saggiandoci, studiandoci. Se da una parte,
infatti, ci lasciamo ben avvolgere dal punto di vista di Nìgariel, una voce
interiore schernisce il personaggio e allo stesso tempo ci mette in guardia.
Insinua il dubbio sulla veridicità di quello che stiamo leggendo.
Dopo l'inizio del libro, una tragica notte in quella casa abbandonata, dopo i
mostri, dopo il bambino, per una serie di eventi concatenati tra di loro, Niga
si iberna nella sua capsula sperimentale. Si risveglierà dopo ben novantotto
anni di lungo sonno.
In questa parte del romanzo empatizziamo moltissimo con il
nostro protagonista, avvertendo la matassa confusa di emozioni che si agitano
sotto la superficie. Immaginatevi di risvegliarvi dopo un lungo sonno e
scoprire il mondo totalmente diverso. Non solo, popolato da nuove specie, un
nuovo ordine. Nìgariel si sveglia e scopre che i mostri sono reali. Anzi, tutto
sommato, il nostro protagonista la prende bene: un uomo che si trova a vivere
nel futuro, estraneo ai suoi ritmi e oscuro degli avvenimenti accaduti.
Come ho già detto, il punto di vista è quello di Nìgariel e
credo sia uno degli aspetti di punta del romanzo: riesce a narrare in modo
sarcastico, serio, intimo ma anche tormentato, non molto lucido e colmo di una
malinconia che arriva dritta al lettore.
Lo spaesamento inizia ad essere colmato grazie alle
spiegazioni di Lèhiron, che guida un gruppo che si fa chiamare Benandanti, e
Gran Maestro dei Maghi. Scopriamo che il mondo è sempre stato abitato da altre
razze, che vivevano nascoste dagli esseri umani. Le razze dell’ombra sono tre:
i Maghi, gli Elfi e i Nani, queste razze temevano l’egemonia dell’uomo e
vivevano, appunto, nell’ombra. Inoltre, scopriamo l’esistenza di un’altra razza
aliena: i Korg, che si sono presi cura dell’uomo fin dall’inizio dei tempi,
affilando conoscenze, magie e scienze. Ma dopo una devastante guerra i Korg
decisero di lasciare la Terra e cancellare ogni ricordo di loro e delle altre
razze. Ma un gruppo ristretto di Korg decise di rimanere per poter fare
sperimenti…
Adoro come l’autrice riesca ad inserire l’aiuto dei Korg
citando numerosi misteri e leggende irrisolte.
La verità è una doccia fredda, un futuro inimmaginabile,
Nìgariel inizia a conoscere l’estraneo mondo in cui si è risvegliato. I danni
nucleari hanno deturpato la vita, lasciando desolazione, ed è qui che
cominciano le terrificanti maledizioni di Hunas, il capo Korg rimasto. Tre
maledizioni, una più terribile e devastante della precedente, fino ad arrivare
all’annientamento del genere umano, reso un vuoto involucro, senza più una
coscienza e una memoria a cui appigliarsi.
Un mondo sprofondato nel caos e nell’incertezza: chi vuole
pace, chi desidera la guerra e chi anela ad essere lasciato semplicemente in
pace. Iniziamo a conoscere il sottile e instabile equilibrio che vi è tra le
razze.
In questa prima parte del romanzo impariamo a vivere nel
nuovo mondo insieme a Nìgariel, che inizia a studiare e a praticare magia.
Viviamo con lui nell’accademia a Tànelope, lasciandoci avvolgere dalla
quotidianità e dalle persone che lo circondano. Dopo aver scoperto l’esistenza
del suo Potere mentale, Nìgariel cerca di gestirlo e migliorarlo… ma qualcosa
pare pulsare al di sotto della sua superficie, qualcosa che si stiracchia ed chiede
di essere riconosciuto. Qualcosa che esige un po’ più di spazio.
E il lettore diviene acutamente consapevole di questo
“qualcosa”. In realtà, fin dall’inizio del libro c’è qualcosa che non quadra in
ciò che narra Nìgariel. Nel corso della storia è un pensiero che viene
accantonato, ma che ora torna con prepotenza. È una scelta narrativa geniale,
perché il lettore è cosciente di avvertire qualcosa fuori posto ma le persone
con cui Nìgariel interagisce non si accorgono di niente, dunque, lentamente ma
inesorabilmente un’inquietudine non ben definita ci avviluppa.
L’equilibrio del tutto, primo volume delle Cronache della
Lunga Strada, ha un world building articolato e sapientemente ricco con le
proprie regole. E l’autrice ci nutre a grandi e saporite cucchiate durante il
nostro viaggio: come la bellezza del rituale dei Maghi con la creazione del
proprio bastone e la complessità del ciondolo Sul’ehntur, il legame con la
natura antica, le voci sussurrate, il mistero degli Squarci aperti. L’originalità
della figura degli Osservatori sempre sui bordi ad annotare mentre la storia si
compie, parecchio intrigante e misteriosa, soprattutto dopo certe parole
pronunciate da un’Osservatrice.
Un world building da un’ampia e curata mappatura, piena di
luoghi ancora tutti da scoprire con nomi unici, e ancora l’incredibile vastità
delle creature che la popolano, rendendola una terra piena di insidie, tra cui:
Ghoul, arpie, maska, leucrotta, cocciatrici, vampiri, wendigo. E l’autrice ad
ogni specie mette una cura nel dettaglio rendendo nitide queste pericolose e
affascinanti creature.
A tratti è come star giocando ad un videogioco tale è
l’immersione: io e Nìgariel siamo la stessa persona, proviamo le medesime
sensazioni, la stessa curiosità e timore, mentre cerchiamo di destreggiarci tra
i pericoli e peculiari bellezze. E credo che, essendo il primo volume, stiamo
solo scalfendo i margini di questo vasto mondo, che non smette di essere
promettente.
Infatti, si ha la sensazione che l’autrice sappia bene dove
condurre la storia, non ci sono sbavature o tentennamenti nella narrazione e il
ritmo scorre fluido mentre i nostri personaggi si destreggiano nelle loro prime
difficoltà.
Oltre il ben iniziato
world building, la narrazione riesce anche a scandagliare le profondità dei
personaggi che animano il romanzo. C’è un apprezzato sviluppo nei personaggi in
risposta agli accadimenti che succedono e alle emozioni vissute. Vediamoli da
più vicino:
Nìgariel, il cuore del romanzo e il personaggio che conosce
un maggior sviluppo, non sempre visto in senso positivo, ma va bene così.
Nìgariel cerca di convivere con il trauma di aver perso i suoi amici e di esistere
nel futuro, tenta di compensare i dubbi, le incertezze e le paure che iniziano
a corroderlo dentro e allo stesso tempo sperimenta nuove amicizie e sfide,
nonché, il dover fare conti con un Potere che sembra non conoscere barriere. È
un personaggio in continuo oscillamento e l’autrice riesce a saper esprimere
tutte le contraddizioni che lo animano, tutte le lotte interiori vinte e perse
che avvengono.
Nìgariel inizia a sentirsi limitato
dai nuovi legami, la promessa fatta a Lèhiron e a Deherit lo costringono a
stare vicino a dolori e confusioni che lo stancano e lo devastano. C’è un grumo
di sentimenti non definiti verso l’amore crescente che prova per Deherit: la
speranza di avere delle piccole gioie, il desiderio di proteggerla da eventuali
dolori, il sapere di non essere la persona di cui si sta innamorando, la
tagliente certezza di doverla lasciare andare. Deherit diviene quasi
un’ossessione, insidiosa e pericolosamente intrigante, sapendo di non poterla
avere, Nìgariel si insinua nella sua mente con una facilità che dovrebbe fare
paura. Un chiodo fisso che accarezza uno spettro di emozioni differenti tra di
loro, dallo struggersi all’asettico distacco.
E nel frattempo quella voce che è
sempre stata con lui inizia a riuscire a guadagnare terreno, ad anelare il
dolore. Siamo così in comunione con i pensieri intimi di Nìgariel che quando
lascia andare il controllo che cerca di mantenere, una parte di noi, immune da
una possibile coscienza, sospira di sollievo per la sua scelta ardua in quanto
non vogliamo vederlo soffrire. Anche perché, ricordiamoci, che Nìgariel si
sente solo in questo nuovo e strambo mondo, sente il peso della colpa per i
suoi amici, avverte la tristezza della razza umana in pieno declino insieme
alle sue bellezze. La vita come la conosceva lui è finita, e sebbene riesca a
cavarsela bene nel futuro, si porta dietro gli strascichi di questo trauma che
deve ancora digerire, analizzare e infine accettare.
Lèhiron. Gran maestro dei Maghi, una figura complessa,
antica e saggia. Ho amato il poterci insinuare in alcuni suoi ricordi, pieni di
tristezza, furia e tormento verso chi non c’è più e verso chi è in dovere di
proteggere. Un personaggio che si porta dietro pesanti segreti e sentimenti che
cerca di non manifestare apertamente.
Deherit, l’Erede di Lèhiron. Magnetica, scostante, seria e
incredibilmente abile nell’arte della magia. Possiede un potere fighissimo:
vedere e parlare con i morti e riuscire ad intrappolarli. Ma anche un diverso
potere, più oscuro, datogli attraverso degli esperimenti, che si divide in tre
fasi: Orrore, Dolore, Strazio.
È un personaggio coraggioso verso se
stessa e soprattutto verso gli altri, anteponendo sempre il benessere altrui,
affrontando ogni sfida a testa alta, senza dare spazio ai tentennamenti. Ma è
anche insicura e critica nei propri confronti. Incarna i valori umani belli e
preziosi, in quanto è curiosa su tutto ciò che li riguarda, specialmente i
sentimenti e la musica.
La sua connessione a Nìgariel è
profonda: per lei era un confidente, un punto fermo negli anni caotici della
sua vita all’accademia, per lui era la voce a cui si aggrappava per non
scivolare in una muta follia. Un legame, che adesso, cresce e si rafforza,
fatto di complicità e compagnia.
Alkonanders, miglior cacciatore della Torre. È uno dei
personaggi che più mi sono piaciuti, tenebroso, avvolto consapevolmente in un
manto di mistero che pian piano inizia a rivelarci qualcosina in più sul suo
conto. Riflessivo, abile nell’arte del combattimento, schivo, eppure pieno di
emozioni che tiene per se, ma che riusciamo a intravedere nella musica che
suona, nei silenzi che protrae, nei piccoli gesti. Insieme a Deherit sono
letteralmente esplosivi! Furiosi, complicati, quasi agli antipodi e tuttavia
passionali, feroci, bisognosi. Ho amato la tensione che si riesce ben avvertire
tra questi due personaggi.
Siamo immersi nella narrazione e di come Nìgariel si stia
abituando alla sua nuova esistenza in accademia e a svolgere missioni per i
Beneandanti. Poi, arriva lo spaccato, si insinua l’attesa di qualcosa che
sconvolgerà tutto, il lettore può quasi avvertire l’innaturale quiete prima
della tempesta e ci spinge a leggere. Lo stesso Nìgariel ci ha messo in guardia
all’inizio del volume, citando le sue stesse parole “sono stato un traditore”…
E il ritmo narrativo diviene intenso, i personaggi iniziano
a far intravedere più spiragli dei loro tumulti interiori, vacillano e si
avverte di non aver più controllo su niente, neppure su se stessi. Smarriti,
cercano di aggrapparsi a qualcosa che li aiuti: che sia un bacio, una frusta,
una voce.
Il romanzo riesce a farci assaporare tante diverse
sfaccettature di emozioni: amore, sacrificio, odio, dolore, impegno,
incertezze, frustrazione, eccitazione, inganno. Davvero, c’è tutto. Non solo, i
momenti di allenamento e combattimenti li ho trovati davvero belli, pieni e
descrittivi; insieme al modo in cui viene descritta la magia e la varietà dei
poteri, capace di manipolare la realtà, e di come il potere magico sia
un’energia intrinseca che va studiata bene con delle regole e una lingua antica.
Alcuni momenti del romanzo mi hanno fatto venire la pelle
d’oca per l’intensità di cosa viene narrato: come il terribile Giorno delle
Sfere, il sacrificio di Golkan, pezzi di un passato e di vite frammentate che
sfioriamo soltanto ma che sono capaci di rimanere indelebili.
Inoltre, voglio sottolineare la cura visiva che il romanzo
presenta, dalla cover, l’impaginazione e dai dettagli delle diverse mappe che
si trovano all’interno. Non solo, una delle cose che ho preferito in assoluto
nel romanzo sono gli stralci di lettere o libri che vengono messi ad inizio
capitoli. Ci fanno sapere qualcosa di più sul mondo del libro, riescono ad
incuriosire sui fatti e nomi volatili su cui ci si imbatte. Ad esempio, mi è
piaciuto moltissimo come è impostata la società dei Nani in diverse famiglie.
L’equilibrio del tutto porta con sé anche importanti temi,
tra cui: la discriminazione tra le razze, l’importanza di conoscenza, la
potente meraviglia catartica che la musica riesce a risvegliare, il senso di
giustizia, la preziosa capacità di empatia. In particolare l’accezione viene
anche posta sul timore che le razze dell’ombra nutrono nei confronti dell’uomo,
soprattutto il loro menefreghismo e capacità. Queste razze ricordano bene cosa
voleva dire vivere nella paura dell’egemonia umana. Ed ecco, che il romanzo ci
pone un’importante quesito: davvero la discriminazione va pagata con altra
discriminazione? È un circolo vizioso di cui si fa fatica ad uscire e l’autrice
riesce a presentare un tema spinoso, pieno di pro e contro, di cui ancora
dobbiamo vederne il fulcro.
Alla fine del libro scoppiano le bolle dei nostri
personaggi, che hanno cercato disperatamente di tenere salde. Parole sono state
dette e altre taciute; alcune verità sono state scoperte e altre celate.
L’unica certezza che abbiamo è che siamo solo all’inizio di un percorso
frastagliato, doloroso e pieno di insidie, forse anche dove non le aspettiamo.
E, dunque, riusciamo ad intravedere cosa sia questo equilibrio del tutto, che
da il nome al volume, cosa porta i personaggi a rimanere in piedi, a
combattere, ad osare.
La curiosità di sapere come agiranno i nostri personaggi è
davvero tanta, e mi piacerebbe saperne di più su due personaggi in particolare:
Danihka e Tohrik, che hanno saputo catturare la mia attenzione e sembrano
personaggi davvero promettenti.
Questo primo volume si prende del tempo per farci entrare
nel suo mondo, per farci conoscere i personaggi e la realtà che stiamo
fronteggiando. Ma l’autrice non si limita a questo, scruta ed analizza le profondità
umane facendoci sfiorare picche in penombra e surreali, che fanno un po’ paura
e un po’ desiderio. Il libro presenta interessanti elementi horror e fantasy,
con delle sfumature gotiche, violente, passionali. Che a volte possono brillare
come la salvezza di un faro, altre volte tagliano con una brutalità
sconcertante, rendendoci comunque ammaliati.
È un romanzo con una grande verità all’interno: che molte
volte non ci sono strade “giuste” da intraprendere. Si deve sbagliare,
sperimentare, perdersi. E trovare l’equilibrio del tutto nella lunga strada che
abbiamo davanti. Io, personalmente, non vedo l’ora di continuare a percorrerla.
Che il cammino sulla Lunga Strada vi sia lieve!
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