L'estate dei mirtilli
Autrice: Amanda Peters
Titolo: L'estate dei mirtilli
Trama: Luglio 1962. Una famiglia di nativi americani, appartenente all’etnia Mi’kmaq, arriva nel Maine dalla Nuova Scozia per raccogliere i mirtilli. Qualche settimana dopo, la figlia più piccola, Ruthie, di quattro anni, scompare. L’ultimo a vederla, seduta ai bordi del campo, è il fratellino Joe, appena più grande di lei. A nulla servono le ricerche dei famigliari per tutta l’estate e le estati a venire. Nonostante il tentativo di superare il lutto, gli anni condannano la famiglia a una catena di tragedie: la morte di un altro figlio, Charlie, che decreta la fine delle «estati dei mirtilli», e la lunga latitanza di Joe. Nella stessa regione, una ragazza di nome Norma è tormentata da sogni orribili che assomigliano a ricordi, costretta da una madre claustrofobica a un senso di colpa inestinguibile. Senza che lei ne abbia davvero coscienza, la ricerca di sé stessa, dai contorni confusi e incerti, verrà intralciata dai continui depistaggi della famiglia. La verità le si paleserà solo dopo cinque decenni di dolore e di silenzio, in cui le toccherà ripercorrere ogni giorno della sua vita precedente, vissuto adesso come un tradimento. In questo romanzo d’esordio, che ha già convinto critici e lettori di molti Paesi, tutti bevono whisky puro o diluito «per tenere a bada il dolore» del corpo e della mente. Ci si lascia consumare dalla rabbia ma si accoglie chi è fuggito a braccia aperte e senza accuse. Ci si ritrova. Un ritmo incalzante, una storia crudele in cui le bugie si sommano e moltiplicano la disperazione finché, d’improvviso, si recupera la tessera mancante del puzzle e il mondo comincia ad assumere senso. Perché il perdono può asciugare le ferite e liberare i fantasmi di una vita.
Prezzo di copertina: 19,90 euro.
Recensione.
Esordio dell’autrice che diventa immediatamente una promessa editoriale folgorante. L’estate dei mirtilli è uno di quei romanzi capaci di spezzarti il cuore e allo stesso tempo di porci rimedio.
Siamo nel Luglio del 1962, una famiglia di nativi indiani si sposta nel Maine per il periodo estivo per raccogliere mirtilli da un proprietario terriero. Tutto va come ogni estate, caratterizzata da lunghe ore di lavoro sotto il sole e la leggerezza di riunirsi intorno al fuoco la sera. Fino a quando Ruthie, la più piccola della famiglia di soli quattro anni, una bambina serena e silenziosa svanisce nel nulla.
È il sassolino lanciato in uno stagno quieto che cambierà definitivamente la sua famiglia, il preludio di altre tragedie generate.
Le estati si susseguiranno nei campi di mirtilli ma di Ruthie non si è trovata nessuna traccia. Eppure sua madre è convinta che sia viva.
La narrazione è mordace, limpida, capace di mostrare tutta la rudezza della storia. Una prosa che detiene una potenza sviscerale che non lascia indifferenti e forse è proprio la sua capacità di non arroccarsi parole rinomate che riesce a colpire con una semplicità disarmante.
La pelle d’oca di certi passaggi, i groppi in gola, un nodo allo stomaco, l’autrice riesce a farti vivere questa storia rendendola vera ed estremamente vicina.
Gli anni passano. La storia del romanzo viene veicolata da due personaggi: Joe, il fratello di Ruthie, che si trascina la colpa della sua scomparsa essendo l’ultimo ad averla vista; e Norma, una ragazzina tormentata da sogni vividi che non riesce ad afferrare davvero.
Nei suoi sogni di luce e buio sente odori peculiari e una donna che non è sua madre ma sembra esserlo. Ai suoi genitori non piace quando nomina questi brandelli di sogni e cercano sempre di minimizzarli. Eppure, Norma ne è perseguitata e non riesce ad afferrarne il senso.
Nel L’Estate dei mirtilli assistiamo a come il dolore riesca a far mutare un’intera famiglia, come acqua che leviga le pietre: non si può tornare a come si era prima.
I fratelli cercano di tornare alla routine giornaliera, fatta di tristezza e rabbia inframmezzata da piccoli atti di quotidianità. Ma il fantasma della mancanza di Ruthie è un’ombra che si allunga e li sfiora costantemente.
Mastichiamo l’ingiustizia della trama incapaci di distogliere lo sguardo da un dramma che è radicato in tutti i personaggi ma si sviluppa in maniera differente.
Prendiamo come esempio Joe e Norma, che ricordo sono le voci narranti. Vediamo come Joe, dopo altre tragedie vissute dalla sua famiglia, inizia a covare dentro di sé una rabbia che riesce sempre a nutrire. Una rabbia che cresce, si agita, angustia e soffoca... che lo accompagnerà per tutta la vita influenzandone il suo corso.
Dall’altra parte, abbiamo Norma che assapora una nuova e bella libertà lontana dai genitori. Una madre soffocante che attraverso l’amore è riuscita sempre a tenere in controllo. Inizia a vivere a Boston e laurearsi e si ubriaca della freschezza di non avere le assurde imposizioni della madre.
Eppure, qualcosa la turba, qualcosa che finge di non vedere perché non sa dargli una spiegazione... fino a quando lo farà.
Nel volume un tema fondamentale è quello, appunto, dell’amore e delle sue varie forme. L'amore che può essere visto come un fardello, può soffocare e ancorarti in un luogo senza darti possibilità di spostarti. Può accecarti e farti sentire colpevole.
E poi c’è l’amore che è come una radice, cresce e si distende paziente, si rafforza e va ad ancorarsi nel profondo, in modo così profondo che non si può estirpare.
Insieme al tema dell’amore, il romanzo esplora l’apice del dolore nel suo picco e poi una lenta discesa che non finisce mai. Non si torna al prima della convivenza con un vuoto, un bruciore costante, come se orma il dolore avesse lasciato la sua impronta e ci si deve adattare.
C'è brutalità e tenerezza nella consapevolezza che i genitori, Joe, Ben, Charlie, Mae continuarono a cercare Ruthie, prima nei campi di mirtilli nelle angosciose estati a venire e poi a Boston, dove Ben giurava di averla vista e riconosciuta.
Ci vuole un’incredibile forza nel portare avanti una speranza che ti anima ma allo stesso tempo ti dilania.
La prosa rende vulnerabili i suoi personaggi, mostrandoci ogni loro anfratto. La disperazione muta, le bugie che si poggiano con cura per poter costruirci di sopra, fingendo che siano basi solide.
Norma e Joe, due voci che seguiamo nel loro distruggersi e poi tornare pian piano a respirare, perché non si può fare altro.
Ci avviciniamo alla fine e l’emotività della storia cresce, come un lungo respiro atteso.
Un romanzo che parla di vita, esplorando una devastante tragedia che si intreccia a tanti altri piccoli drammi. Una vita che ti attraversa veloce, costellata di momenti felici cristallizzati nel tempo, di scelte difficili, di momenti tristi che sanno ancora bruciare come acido, di drammi che sembrano infiniti ma che nascondono sorprese negli angoli più inaspettati. E di risate liberatorie che legano le persone.
La vita in tutta la sua districata e paurosa bellezza.
L’estate dei mirtilli mi ha reso un groviglio di sentimenti. Leggete questa assoluta meraviglia.
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