Chi ha polvere spara

 


Autore: Donato Montesano

Titolo: Chi ha polvere spara

Trama: “Chi ha polvere spara” è un antico modo di dire. Un invito a mettere la propria pelle in gioco, a mostrare ciò che si è, a cercare quel che si vuole. Pancrazio Chiruzzi, detto Pan, nasce in un paese della Basilicata, e cresce tra i vicoli, il mare, e i fuochi d’artificio. La sua vita cambia radicalmente quando è costretto a emigrare al nord, dove si scontra con l’odio e tutte le discriminazioni riservate ai meridionali in quegli anni. La sua rabbia cresce in fabbrica, per condizioni di lavoro disumane, ed esplode fino alla decisione di puntare tutto sul crimine. Insieme a un gruppo di coetanei imparerà che il colpo perfetto è quello in cui non si spara mai, e si può fare solo con amici veri, pronti a mettere sul tavolo la propria vita per difendere quella dei compagni. Sfidando la legge Pan diventerà un rapinatore professionista, mettendo a segno colpi sensazionali in Italia e all’estero, ma quando l’amicizia, la morte, il carcere e il grande amore si intrecceranno, il destino - come un falco nel cielo della vita - lo metterà di fronte alle conseguenze delle proprie scelte e a lottare per quello in cui crede.

Prezzo di copertina: 18,00 euro.

Recensione.

È la storia romanzata di un celebre criminale degli anni 70 che portò a segno numerose rapine senza mai versare sangue.
Ma facciamo un passo indietro e seguiamo l’autore che ci conduce all’inizio di questa storia, dove il botto si sta ancora preparando e già scalpita per vedere accesa la propria miccia. 
Siamo negli anni 60 in un piccolo paesino della Basilicata, il nostro protagonista è un giovanissimo di nome Pancrazio. Suo padre Donato gestisce insieme al fratello un’azienda di trasporto, la famiglia della madre Ninetta, invece è dedicata alla fabbrica dei fuochi. Ha due fratelli, Leo, più grande, e Pino più piccolo. 
Pancrazio cresce con un'infanzia spensierata, lenta, fatta di giochi nelle ore calde nel paese, capatine al mare e appassionato degli spettacoli pirotecnici che crea il nonno. Sono così celebri che ad un certo punto, la famiglia materna si trasferirà a New York. 
La narrazione è vivida, piena di spigoli e curvature, colma del colore del cielo azzurro e di un sapore che non è proprio definibile, quello della terra in cui si cresce, dell’amore viscerale per un luogo a cui si è intimamente legati. 
L'autore ci fa conoscere i bordi e i ritmi di questa storia, inoltrandoci tra le pieghe della famiglia di Pancrazio. Tuttavia, dopo una serie di tragici eventi, ecco che inizia per loro l’emigrazione verso Torino. Verso un Nord nuovo, sporco, in continuo fermento
C'è un netto cambiamento dell’ambiente intorno, svanisce la grande case, il paesino assolato e orgoglioso dei propri lenti ritmi e si entra in una città fatta di mattoni, palazzi accavallati tra di loro che mirano a soffocare il cielo. Un grigiore che spezza via tutto i colori. E qui inizieremo a vivere i dissapori, le gioie, la paura, l’abbandono, la possibilità incerta che presenta l’ignoto. 
Il romanzo è bello anche perché riesce a farci vivere un periodo storico italiano recente ai bordi, sono anni di lotta e di fermento politico, anni dove operai e studenti si uniscono e le donne si scuotono dal ruolo marginale a cui sono costrette. L'insieme rivela un periodo di grande turbamento e sopravvivenza. Un periodo che si va vivo anche attraverso il nostro protagonista, Pan, che lascia la scuola dopo gli innumerevoli pregiudizi ed insulti per essere un meridionale, è trova lavoro in una fabbrica. È un momento buio, soffocante che lascia il nostro Pan ad annaspare. 
Qui incontri ed episodi cruciali nella vita del nostro protagonista iniziano ad avvenire, quasi senza rumore: il lavoro in fabbrica al limite dello sfruttamento, i film al cinema Lux che gli lasciano qualcosa sui personaggi celebri dello schermo, il nuovo amico Chino, l’incontro con il Dottore, un personaggio fittizio, il ritrovarsi con l’amico di infanzia, Nantuzzi. E ancora le bravate giovanili e il riformatorio che cambierà drasticamente Pan. 
La prosa è versatile. Diventa lieve, pregna di una nostalgia incurabile verso la propria terra lasciata ma soprattutto verso un’infanzia che era piena e calda. Poi, si tramuta in acciaio temprato, forgiato dal desiderio che viene protetto e cresciuto con ferocia. 
Siamo ormai immersi in questa storia e seguiamo l’autore fedele nell’evolversi della trama. Dal riformatorio passiamo al carcere vero e proprio, quando Pan compie i diciotto anni. 
L'autore, in questo frangente, riesce bene ad evidenziare i problemi insiti della società, la fame dei personaggi e le scelte discutibili dettate dall’orgoglio, dalla paura, dalla rabbia. Ci tratteggia una Torino grigia, fredda, dura, inospitale verso i meridionali a cui, inevitabilmente, assottigliano le poche scelte disponibili. E il cuore lacerato urla il proprio dispiacere per aver abbandonato il sole, il mare, il paesaggio conosciuto che anche nel pieno del dramma ti riscaldava sempre qualcosa. 
In carcere Pan viene preso sotto l’ala di un compagno di cella, il Sagarese, rapinatore di banche, un grande durista che pensa sempre ai ciocchi (in gergo, possibili nuovi colpi) e Pan rimarrà affascinato dalla complessa meccanica che prevede un colpo per avere successo: gli aspetti tecnici, la divisione dei compiti, lo studio e la memorizzazione, e ovviamente compagni fidati con cui condividere tutto. 
Ed ecco che un altro importante tassello nella vita di Pan viene poggiato nel suo cammino
Chi ha polvere spara è un romanzo che mostra tutte le contraddizioni della vita, il silenzio di chi dovrebbe aiutarti, la furia delle istituzioni, il soffocamento sotto i padroni. C'è fame di libertà, una libertà di cui Pan inizia a capirne le fattezze e fragilità. La vita appare spietata, sottomessa, impaurita ma Pan non vuole vivere così. 
Uscito dal carcere si rende conto che deve trovare un modo per ribellarsi e riuscire ad evadere da un grigiume alienante che lo attende in fabbrica. Pan e i suoi amici scelgono una vita forse più breve e violenta piuttosto che sottostare ai potenti dispregiati, rifiutando di mandare giù grosse ingiustizie masticate. Ci sarebbero state sicuramente altre scelte alternative, ma Pan è deciso a proseguire nella strada che ha scelto, come un falco in volo. Indomito e rapace. 
L'autore ci conduce ad una nuova parte di libro, con un ritmo differente. Assaporiamo le disillusioni, gli amici leali, una nostalgia che certe sere fa venire sete, il rock a tutto volume, l’adrenalina che scorre forte e il desiderio incommensurabile e feroce di mangiare a morsi la vita, restituendo ogni dolore
Iniziano i successi con le rapine insieme a Chino e Stimmy, incontrato al riformatorio. Il delirio del successo scorre veloce nei loro cuori giovani. Audaci, intrepidi, ben presto si fanno un nome come banda di rapinatori, eseguendo ciocchi magistrali e sempre sul filo del rasoio, numerose diventano le rapine portate a segno, soprattutto per mancanza di violenza e spari. Dunque, la banda si allarga così come le rapine. 
I personaggi vivono sempre sulla linea sottile e frastagliata del pericolo, non sapendo mai cosa potrà accadere al piccolo errore. Diventano ricchi ma cauti nelle spese, appare fin da subito chiaro che il gruppo non lo fa solo per soldi. È il brivido onnipresente che gli ricorda con acutezza che sono vivi a sedurli ogni singola volta e gli sussurra ciocchi sempre più arguti. Eppure, dopo anni, l’avventura criminale dovrà prima o poi finire mentre sono al massimo. E all’unisono decidono che il colpo a Parigi sarà l’ultimo prima di uscire di scena e godersi quello che hanno già preso.
Ma i programmi non vanno mai come si vuole... Entriamo di colpo in un periodo buio per il nostro protagonista, divorato dal dolore e dai sensi di colpa. 
L'autore è bravo a farci vedere la profondità di una sofferenza che lentamente annienta Pan, smontandolo pezzo dopo pezzo. Ma come ogni tempesta non può durare per sempre e il mare torna al suo lento sciabordio, così anche la vita di Pan inizia ad intravedere porti sicuri. Nadia, l’amore che si radica con una disperazione di chi ha vissuto le tragedie sulla pelle e sa che le cose belle e semplici vanno tenute strette. 
Questa parte finale del romanzo è la più sentita, intima, colma di emozioni troppo grandi per essere confinate davvero nell’inchiostro. Dove la libertà, la sconfitta, la morte, la resa, si muovono tra di loro tentando di trovare una coesione che non da pace. 
Le descrizioni minuziose degli equilibri precari delle prigioni, con le loro guardie e differenti tipi di detenuti, di potere e sottigliezza, di violenza e di asserzione. E ancora, la fragilità che sembra permanere ogni aspetto della vita di Pan, rendendolo acuto di tutto mentre lo accompagniamo nelle ultime pagine. 
Il nostro protagonista, Pan, è rimasto fedele a sé stesso e a ciò per cui ha sempre creduto. Ci vuole forza, coraggio e forse anche un pizzico di follia per non perdere la propria bussola e rimanere nella rotta prefissa, nonostante il tempaccio e le possibili fatali collisioni. 
Un romanzo intenso, costellato da una miriade di momenti diversi, belli, amari, pericolosi, agitati, che insieme costituiscono la vita vissuta. Pan come un fuoco d’artificio esplode, atteso nella notte. Con colori fulgidi e brillanti che oscurano anche le stelle... per esaurirsi velocemente.
Per brillare così forte si deve bruciare. E Pan vi è rimasto fedele a questa massima, dopotutto, chi ha polvere spara. E Pan l’ha fatto per tutta la vita.

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