P.38 Solo i colpevoli devono morire

 


Autore: Franco Busato

Titolo: P.38 Solo i colpevoli devono morire

Trama: «Ed è quando l’uomo e la pistola si incontrano che la vita si fa tragedia.» Una serie di cruenti omicidi, apparentemente slegati tra loro, scuote una Milano che si appresta ad affrontare i primi freddi autunnali. Cosa hanno in comune un anziano musicista emaciato e in pigiama, che suona un pianoforte in una stanza di un ospedale, e una pistola, il cui nome è divenuto triste emblema degli anni di piombo? Uno dona la vita e l’altra regala la morte. La commissaria De Santis, per riuscire a risolvere questi casi, dovrà seguire la storia della pistola, con il fondamentale supporto di Solo Molina, che dovrà rivivere nella sua mente episodi della sua gioventù da malvivente. Il percorso ci porterà a conoscere aspetti di una Milano fatta di terrorismo e ’ndrina, di droga e violenza, dagli anni Ottanta ad oggi, che ruotano attorno a piazza Prealpi, divenuta da luogo di spaccio a piazza dei diritti con le sue panchine colorate. Le note del pianoforte e i colpi di pistola si intrecciano. La verità è nascosta tra le pieghe della musica e quelle della manchevolezza della giustizia.

Prezzo di copertina: 17,00 euro

Recensione.

Cosa hanno in comune una pistola, un pianoforte in una stanza di ospedale e un anziano che ci suona tutti i giorni? È l’enigma sul quale viene costruita questo giallo, una storia di affamati di giustizia che non l’hanno mai ottenuta. Di rabbia e di una colpa, che non viene lavata via. 
Tutti i colpevoli devono morire è un libro tenue che ci conduce in una Milano dalle mille sfaccettature, alcune in bella vista, altre celate e altre ancora cadute nel dimenticatoio. 
La pistola P.38 sembra far ritornare in vita certe storie, è un’arma divenuta simbolo degli anni di Piombo e che sembra avere una lunga storia di connessioni a diversi delitti e attentati nel corso del tempo. 
La narrazione è scorrevole, semplice, con una buona dose descrittiva che in un thriller non può mai mancare. Tuttavia, a volte la prosa si impiglia in se stessa, fornendo frasi con troppe elaborazioni al suo interno. 
Il romanzo inizia con un omicidio a sangue freddo, immediatamente ci appare chiaro che per sbrogliare la matassa, che si va infittendo sempre di più, la commissaria De Santis e la sua squadra dovranno ripercorrere la storia della pistola Bambina e del quartiere a cui sembra essere fittamente legata. 
Il lettore vive la vicenda in modo totale: da una parte seguiamo la squadra di polizia con l’aiuto di Molina nell’incastrare più pezzi del puzzle complesso possibili. Dall'altro, seguiamo il presunto assassino che continua imperterrito nel suo intento di portare giustizia dove non è mai avvenuta. 
I capitoli sono brevi e concitati mentre ci inoltriamo più a fondo nella storia. 
L'autore ci porta a conoscere un quartiere di Milano con una lunga storia di violenza, un quartiere che Molina conosce come le sue tasche, e che ne ha viste passare tante: ndrangheta, terrorismo, lotte di droga e predominio, tutto condito da una cattiveria e feroce sopravvivenza che rende la vicenda brutale. Ho apprezzato come l’autore si impegni anche a parlare dell’altra parte, la faccia della medaglia che spesso si sceglie di non vedere e offuscata dagli episodi cruenti che dominano: emarginazione, povertà, disperazione, fame. 
Dall’altra parte, invece, non ho avvertito nessun legame con i personaggi; dunque, le emozioni che trasparivano mi hanno lasciato solo una sensazione tiepida. 
Gli omicidi continuano con precisione metodica, tutti legati dai bossoli calibro 7,65 ritrovati nella scene dei delitti. Le impronte, invece, causano parecchio sconcerto perché tra i sospetti iniziano ad apparire persone ben note all’interno del romanzo... Il movente appare ancora sconosciuto
Lentamente tutto si amalgama insieme, evidenziano come la giustizia si faccia strada in modi non convenzionali. Le note si fanno coincise mentre ci avviciniamo alla risoluzione della vicenda, con un crescendo di disperazione e desiderio di essere compreso. 
Un libro che si legge rapidamente, che evidenzia riflessioni spinose e ci lascia con quesiti importanti, dove la giustizia degli assassini pare inarrestabile ma mirata ad alcuni individui, dopotutto: solo i colpevoli devono morire.

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