Finché saremo fiori sul fiume
Autrice: Karissa Chen
Titolo: Finché saremo fiori sul fiume
Trama: Shanghai, anni Trenta. Il suono dolce di un violino si insinua tra le strade affollate. Le sue note si mischiano al profumo di spezie e di carbone che pervade la città. Una bambina, Suji, si ferma. Quelle note sembrano entrarle dritte nel cuore. È la melodia del fiore di gelsomino. A suonarla è un bambino dagli occhi scuri e seri. Il suo nome è Haiwen ed è appena arrivato insieme alla sua famiglia. Sono fuggiti dalla guerra. Suji e Haiwen si trovano. Riconoscono l’una nell’altro qualcosa di prezioso. Hanno capito che lì c’è un’amicizia che bisogna difendere da ogni cosa. Anche se sono così diversi. Suji è figlia di un libraio patriota sovversivo. Haiwen è cresciuto lontano da lì in un mare di agiatezze. Eppure, diventano inseparabili. Condividono qualcosa di molto importante: i sogni. Crescono insieme tra i morsi della fame e la paura dei bombardamenti. Forse, tra loro, nasce qualcosa di più. Ma l’amore, in tempi di guerra, è un lusso che non tutti possono permettersi. E mentre la Cina è divisa tra comunisti e nazionalisti, Haiwen è costretto ad arruolarsi nell’esercito. Deve lasciate tutto. Anche Suji. Le lascia, però, tre cose: una lettera, il suo violino e la promessa di tornare da lei. Ma la vita ha altri piani. Il destino sembra volerli tenere lontani per sempre. Lui rimane bloccato a Taiwan. Lei si rifugia a Hong Kong, dove la guerra ha strappato via i fili dell’innocenza. Eppure, forse, qualcosa dentro di loro gli permetterà di ritrovarsi. Perché c’è una musica che non conosce i limiti del tempo e dello spazio. Il fiore di gelsomino non ha mai smesso di suonare dentro i loro cuori.
Prezzo di copertina: 19,00 euro
Recensione.
Un esordio incredibile, già dalle prime battute sapevo che questa storia mi avrebbe distrutto (spoiler, è avvenuto). Posso dire con certezza che è uno dei migliori libri di quest’anno.
Il titolo è una promessa, una promessa che attraverserà vite, dolori, amori e solitudini. Finché saremo fiori sul fiume, i fiori sono i nostri due protagonisti e il fiume rappresenta la vita piena di insidie e incognite, la corrente può essere placida e poi tempestosa, può volerti trascinare nella sua implacabile corrente o farti galleggiare ovunque tu voglia. Ma finché sarai fiore potrò rincontrarti.
La storia è colma di struggimento e una potente nostalgia di casa, di un luogo che non esiste più, intatto forse solo nei ricordi.
Ma partiamo dall’inizio, la trama si srotola alla fine degli anni 30, a Shangai, nella zona di Concessione internazionale che dovrebbe ricadere sott il governo inglese. Tuttavia, la storia di Shangai è parecchio complessa, ci sono gli inglesi, i francesi e i nipponici che schiacciano i cinesi con la loro forza di potenza straniera. Qui, ci imbattiamo in due famiglie, due bimbi, due storie che si intrecciano. Abbiamola famiglia Wang, piena di fascino e agiatezza, emana mistero sia per Suji che per la sorella maggiore, Sulae, che li vedono come raffinati e acculturati, soprattutto uno dei figli, della stessa età di Suji, Haiwen che adora suonare con il violino.
Proprio così si incontrano, Suji è immediatamente attirate dalle note che rimbombano tra le vie affollate. Haiwen è l’inizio di un mondo che si allarga davanti gli occhi della bambina. Suji e Haiwen iniziano una timida amicizia che si rafforzerà sempre di più, lei vivace e testarda, lui adora suonare e trova delle note in tutto. Gli anni passano e la forza dei giapponesi su Shangai si fa più pressante: rabbia, fame, paura. Il kempetai è onnipresente, eppure, in questo clima incerto e pieno di fragilità Suchi si è innamorata del suo migliore amico... che ricambia. C’è una sottile speranza e promessa che si intreccia tra questi nostri due protagonisti.
La prosa è incredibile e inaspettata, piena di fragilità e con una complessità che l’autrice riesce a racchiudere nei personaggi che si muovono all’interno, capaci di farci avvertire i dolori, le paure, i desideri e le cose taciute.
Ci sono diversi salti temporali e credo che sia una scelta ottima da parte dell’autrice, in quanto viviamo la storia con l’amara consapevolezza di sapere dove arriverà, fino ad un certo punto. E pian piano colmeremo i vuoti, comprenderemo scelte ardue e dolorose. Infatti, ci ritroveremo nel 2008 in California, dove Suchi e Haiwen, adesso Howard, si ritrovano per caso ormai anziani con una vita vissuta a dividerli, matrimoni e figli avuti, eppure... c’è sempre un legame che li unisce, ricordi d’infanzia e la potenza del primo amore.
Le descrizioni sono piene e sentite, veniamo con facilità trasportati nei loro luoghi. Passeggiare tra le viuzze del longtang di Shangai, sentire i brani di Bai Guang che provocano una fitta di ricordi allo stomaco, le mani di Haiwen mentre pizzica il violino e lo sguardo felice di Suchi. E ancora, le asperità della guerra e la crudezza di far tutto pur di sopravvivere.
Così torniamo nel passato come un dolce, dolcissimo, sciabordio. Adesso Suchi e Haiwen sono due giovani innamorati che trascorrono il tempo insieme. Haiwen si sta preparando per l’audizione per entrare in conservatorio e Suchi ha fatto domanda per diventare un hostess.
Il padre di Suchi, che possiede una libreria e spera di poterla passare alla figlia minore, è indignato dalle frivolezze delle due figlie, ribadendo con forza che la nuova Cina che si sta per costruire avrà bisogno anche di donne intelligenti, pensatrici capaci di esprimere le proprie idee, ma Suchi sa che quel mondo è precluso agli uomini. E poi la guerra civile tra comunisti e nazionalisti continua ad inasprirsi e a tendersi fino al drammatico scoppio.
Qui una serie di avvenimenti crudeli si attorcigliano tra di loro portano con sé una scelta nefasta: Haiwen decide di partire e arruolarsi spontaneamente nell’esercito nazionalista a posto del fratello, abbandonando Suchi e la speranza di un futuro insieme. Il cuore del lettore è straziato.
Di nuovo un salto temporale fondamentale, ci ritroviamo negli anni 90’ con Haiwen che finalmente torna a Shangai per ritrovare i fratelli perduti, si perché con la caduta dei nazionalisti e l’instaurazione del regime di Mao che ha di fatto sigillato la Cina, Haiwen non ha avuto più notizie della sua famiglia. Anni, anni, anni di incertezza, paura, estraneità, solitudine e rimpianto che brucia come veleno. Siamo invasi dalla pelle d’oca, l’autrice riesce a veicolare emozioni forti e inesprimibili, che formano un groppo in gola. Qui tocchiamo con mano la dittatura maoista: Haiwen scoprirà la crudeltà del regime e delle temibili Guardie Rosse, l’idealismo puro che doveva vincere su tutto ma che poi si ripiega su se stesso con avidità e contraddizioni, la Chen ci fa sfiorare uno dei periodi di grande complessità cinese, che Haiwen non ha vissuto in prima persona ma che adesso deve farci i conti.
Non solo, l’autrice con delicata ruvidezza riesce a portarci un altro pezzo di storia oscura e assai complicata, dove il confine di aguzzini e vittime non è nitido. Taiwan, l’isola dove Haiwen con l’esercito nazionalista sconfitto deve andare in esilio, non vede di buon occhio i nazionalisti che vengono a “liberarli” dal controllo nipponico. Due visioni che non riescono ad allinearsi, creando un’atmosfera rigida di odio e di rabbia.
Ora, facciamo un passo indietro, in quanto a grandi linee la storia di Haiwen siamo riusciti a conoscerla, sappiamo cosa è accaduto e dov’è arrivato. Ma Suchi, invece, quando si rincontrano in California capiamo immediatamente che è la più ermetica, tace un passato troppo doloroso a cui dare voce. È una consapevolezza che ci taglia a fondo. E l’autrice, finalmente, ci conduce lì. Sulan e Suchi, che pochi mesi dopo la partenza di Haiwen per l’esercito, vengono mandate ad Hong Kong, da suo padre per salvarle da una guerra incerta che continua a deturpare l’instabilità della Cina.
Due giovani ragazze in una città sconosciuta, frenetica, colma, pericolosa, dove si parla solo il cantonese, non lo shangainese o il mandarino. Queste due giovani figlie partono pensando di ritornare… ma la vittoria del comunismo sconvolge tutto. Sono anni duri, di stenti, di tanto lavoro ma Suchi e Sulan riescono a rimanere insieme.
Gli anni si mutano nei 60’, Sulan è malata da tempo e Suchi cerca di tenerle entrambe a galla, è la disperazione cruda che smonta ogni orgoglio, facendole accettare il lavoro da cameriera in un nightclub. Qui incontrerà Lam Saikeung e la sua vita cambierà per sempre, rendendosi amara, in gabbia.
Questo romanzo sa scucire grovigli di emozioni forti che rimangono intrappolate in gola. Davvero, l’autrice sa intesserci i dissapori, le incertezze del periodo, la nostalgia struggente che diventa un rimpianto assonnato, il senso di colpa, la fatica di andare avanti in un mondo crudo e povero. Sogni infranti e barattati per un po’ di riso, medicine e la traballante promessa di un domani forse più roseo.
Nonostante fossero separati dagli avvenimenti, dalla tragicità insite, dalla vita stessa che continua a srotolarsi, Suchi e Haiwen si riservano sempre un pensiero, adesso colmo di tenerezza e poi denso di dolore per un futuro che è sfumato, perso ancora prima di iniziare. Ma il loro yoefen, destino, è sempre stato forte, glielo predisse anche un’indovina di una Shangai ancora quieta della loro giovinezza. Un destino che li collega stretti, una promessa di sapersi ritrovare, ancora e ancora.
Ci sono stati passaggi dentro questa storia che mi hanno fatto singhiozzare. La prosa si accende, con note alte, ridondanti, che stringono il cuore, come un violino che torna ad essere pizzicato dopo decenni, canzoni che emergono con una facilità che ci disarma. I dissapori, i dolori troppo complicati da srotolare e quell’amore che non è mai andato via. Impetuoso da giovani fino ad annacquarsi nei lunghi decenni che sono stati separati. Eppure… eppure, non è mai scomparso, intrecciato ad un'identità che non può lavarsi via.
Finché saremo fiori sul fiume è una storia d’amore, di dramma, di una nostalgia che non si può assetare e che si mescola ad uno struggimento verso la propria casa, incastrata tra i ricordi e persone ormai scomparse. Bellissimo e vero in un modo che fa male, ed è giusto così.
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