La via del cuore. Per ritrovare senso nella vita
Autrice: Susanna Tamaro
Titolo: La via del cuore. Per ritrovare senso nella vita
Trama: Soli e disperati, ma instancabilmente sorridenti. Violenti a parole, ma nei fatti disposti a combattere solo contro la cellulite. Capaci di slanci ma immobilizzati da media che ci istillano desideri impossibili e paure irrazionali. Occupati a inseguire le nostre ansie, dimentichiamo di curare le nostre anime e quando ci guardiamo attorno spesso il panorama umano del nostro tempo appare desolante. Persone trasformate in cose tra le cose, sotto un cielo ingombro di satelliti – l’orgoglio delle nostre scoperte scientifiche e tecnologiche – ma vuoto di senso. Un mondo tanto godereccio quanto incapace di vera felicità: perché non siamo più in grado di cogliere l’unicità della nostra vita come dono, come costruzione di un progetto che può migliorarci e migliorare il piccolo spicchio di mondo intorno a noi. C’è un rimedio a questo processo di sfacelo? Sì: fare silenzio, per ascoltare e osservare, per contemplare e meditare. Coltivare l’originalità dello sguardo e la meraviglia del cuore. Allenare la capacità di immaginare la bellezza, di riconoscerla e riprodurla, di condividerla.
Prezzo di copertina: 16, 50 euro
Recensione.
La via del cuore è un saggio disarmante, potente e destabilizzante.
La prosa della Tamaro è unica, colma di delicatezza che qui non si risparmia: ci riscopriamo fragili.
Parte da una verità tagliente che scombussola, dove l’uomo moderno è frammentato e governato dalla dittatura della felicità, che però oggi si è trasformata nel mero possesso. Ovvero: posso comprare questo e posso permettermi quello, lo posterò nei social per farlo vedere a tutti, quindi, devo essere felice, no?
Ho raggiunto il traguardo prefissato da una società mediatica. Se l’obiettivo finale è il possesso chi ci sta intorno viene visto, irrimediabilmente come il nemico, che deve essere battuto, umiliato, lasciato indietro. Questo meccanismo sottolinea l’angosciante verità di quanto siamo soli.
Ci muriamo in solitudini precoci e le riempiamo di un sottofondo che sfarfalla per cullarci. Il saggio presenta un’analisi che riesce a tagliare a fondo proprio perché sappiamo che c’è verità nelle sue parole.
Oggi viene premiata la bruttezza, l’eccesso, ed è una componente che riflette tutto nella nostra società: programmi abietti, celebrità social che inneggiano all’odio, ad aver paura del diverso e a chiuderci in una mentalità atona e lineare che non deve vagare dal suo sentiero. Ci stiamo spegnendo ma sempre connessi. Erodiamo i sentimenti per una superficie linda e invidiabile di una maschera che presenta solo perfezioni.
La Tamaro ci conduce in una riflessione amplia, a cui unisce anche dettagli della sua personale vita e riflessioni personali, donandoci un dipinto fresco, intenso e commovente. E se da una parte ci imbattiamo in una delicatezza che sa sfiorarci, dall’altro c’è un furore quieto, un desiderio di scuoterci e non limare il peso delle parole.
Ne siamo travolti, in uno squilibrio dove irrompono domande a cui non sappiamo dare una bella risposta. E qualcosa si agita dentro di noi, si sveglia, affamato di mistero e una precarietà che ci fa sollevare la testa.
La metafora che l’autrice ci propone all’interno del testo è un esempio eclatante: gli umani come i lemming, che semplicemente si moltiplicano e si ammassano solo per poi cadere dalla scogliera e precipitare in mare, con un’abbondanza cieca che ci annienta ma che allo stesso tempo ci spinge a dover partecipare al processo.
Il lettore è colpito da una serie di emozioni crude a cui non ha mai voluto dare molto peso, forse perché rifuggiamo dalla loro complessità, dal guardare in faccia qualcosa di tremendo di cui siamo complici silenziosi.
In La via del cuore la Tamaro ci parla a cuore aperto e ne avvertiamo la potenza che scaturisce dietro ogni sua parola, la sincerità e il desiderio di far luce su un mondo tecnologico, troppo affannato ad inseguire chimere vuote, per affermarsi e divorare qualcosa che oscura il proprio io. Eppure, l’autrice chiede qualcosa di semplice ma paradossalmente complesso. Fermarci un attimo.
Svuotare la mente dalla lista di cose da fare, di frenare i mille pensieri che corrono scoordinati verso doveri e aspettative. Fermarci e ascoltare. Noi, gli altri, le meraviglie della vita irreperibili, commuoverci nel sorriso sincero che qualcuno ci dedica, un atto di gentilezza a casaccio senza essere riconosciuto, al vento che ci gonfia i capelli, al rumore del mare che canta sempre, ad una natura che regala un tripudio di sensazioni se solo rallentassimo il passo.
Ascoltiamo il silenzio, che poi silenzio non è. È sapersi concentrarsi sulle piccole cose, dettagli che si cristallizzano illuminandoci lo sguardo, il prestare attenzione all’empatia e alla volontà consapevole di poter fare del bene e non cadere nell’abbraccio facile e conosciuto dell’indifferenza. Imparare a tornare fragili. E a rompere il concetto moderno e inculcato che la fragilità è sinonimo di debolezza.
Riscoprire la bellezza di essere vulnerabili, che vuol dire aprirsi alla vita, alle sue incoerenze, ai disagi, ai sogni, a quel grande amore che cerchiamo sempre di afferrare ma poi lo lasciamo scivolare tra le dita al primo accenno di difficoltà. Imparare a ritrovare parole che abbiano un senso, che entrino in comunione con le emozioni e che soprattutto ci pongano delle domande.
Interrogativi di cui non abbiamo una risposta già preconfezionata, ma qualcosa che per ottenerla si deve uscire, di casa, dal proprio guscio, fare un passo indietro e ammirare tutto, sentendo il cuore che lieve sussurra.
L’autrice ci porta al nocciolo di molti problemi, analizzandone le radici, le sue innumerevoli ramificazioni, la profondità e la superficialità dei temi. È un saggio ricco che da molti spunti di riflessione: la frammentazione del pensiero, l’abbondanza sprecata, la ricerca costante della polemica sterile, la superficialità di una cultura che non attecchisce più, l’importanza della pazienza e del coltivare, di crescere bambini in modo sano, autentico, l’amore e l’impoverimento spirituale.
Si può anche non essere totalmente d’accordo con il punto di vista dell’autrice, ma va bene così. L’importante è capirne il fulcro e lasciarsi scucire con la delicatezza dell’autrice, che ci vuole far avvertire l’ampiezza della vita, il calore della natura, la capacità di potersi trovare nello sguardo di qualcuno, di permettersi di essere morbidi.
La via del cuore è un saggio folgorante, sensibile, capace di svestirci e ritrovare il nucleo che dà profondità all’essere umano, pieno di pensieri caotici, paure, silenzi e di abbracciare la volontà di non rifuggire dal dolore, educarsi alla pazienza e porsi tante domande, ad incontrare gli altri, a liberare il vuoto, a costruire e decostruire. Ad ascoltare il cuore, che è la cosa più difficile ma forse anche la migliore che possiamo augurarci, per vedere la possibilità di un futuro che abbia un senso di essere davvero vissuto.

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