Cuore di serpente
Recensione.
Cuore di serpente è un breve romanzo intenso, in cui si pone l’accento sugli abitanti che si muovono tra le pagine, rivelando una
complessità profonda dei sentimenti umani.
Giulio, uno scrittore in crisi, accetta l’invito dei suoi
amici per trascorrere qualche settimana di Agosto nella loro villa nel Circeo,
allontanandosi ulteriormente dal suo compagno con cui non ha più un bel
rapporto.
La sottile armoniosità tra i personaggi si inizia ad
incrinare pericolosamente con la comparsa di Gabriele, figliastro di Francesca,
la padrona di casa e giornalista di successo grazie ad una rivista che segue il
conformismo del momento.
Siamo nel pieno estate di fine anni Settanta e si può quasi
avvertire la brezza afosa che riempie e il rumore placido di un mare non troppo
distante.
La villa, luogo centrale del romanzo, è meravigliosa. Ma
forse così bella, ideale, da risultare finta. Come se fosse la studiata
scenografia sistemata nei minimi dettagli per dare solo l’illusione di quel
sapore dolce e pieno che sa d’estate, di possibilità, di libertà.
La villa viene percepita come un mondo a sé, in cui le
persone si scrollano di dosso prima di varcarne la soglia i drammi e le ansie
del periodo. Rivolte studentesche, frizzanti movimenti politici, dissensi…
tutto appare effimero e privo di peso nei contorni quasi magici della villa. Ci
sono incomprensioni, disagi e voglie che girano intorno, insieme ai
protagonisti, che studiandosi attentamente aspettano il momento di manifestarsi
in tutta la loro potenza.
La narrazione è scorrevole, piena di dialoghi e descrizioni
che ci permettono di immergerci nei personaggi che animano il romanzo. Si
avverte una certa compostezza nella struttura del romanzo, che richiama
prepotentemente uno stile asciutto ma colmo di emozioni, pronti ad agguantare
il lettore se glielo permettiamo.
L’unica nota negativa, se così può essere definita, è il
riferimento ad un romanzo di Murakami… quando ancora nel 1977 non aveva
pubblicato nulla. Può essere stata una semplice svista o licenza poetica dello
scrittore.
Ma andiamo ad analizzare i personaggi del romanzo. Abbiamo
Giulio, che ad inizio narrazione è stanco, afflitto, decorosamente disperato
nel ritrovare qualcosa a cui aggrapparsi per poter, finalmente, respirare a
pieni polmoni. Che sia l’idea decente per un nuovo romanzo, un poter ritrovare
l’entusiasmo che l’aveva animato nello stringersi un suo libro appena pubblicato.
Giulio è pieno di non detti, evita di ascoltarsi, di guardarsi dentro per poter sfuggire il
groviglio di emozioni, desideri, bisogni e disillusioni che lo avviluppano.
Dall’altra parte, abbiamo Francesca, un personaggio che possiede
ed esercita assoluto controllo verso gli altri ma soprattutto verso se stessa.
Ossessionata dal voler apparire sempre perfetta, elegante e borghese; tiene
moltissimo alle apparenze. Personalmente l’ho trovata parecchio piena di sé ed
invasiva, ma probabilmente riflette anche l’essenza della villa in quanto
padrona di casa è il suo dominio.
Andrea, il marito di Francesca e padre di Gabriele, l’ho
avvertito come un automa, grande lavoratore che cerca di far felice sempre gli
altri, annullandosi. Andando avanti con la narrazione, noteremo come lui come
persona sente di non esistere, di aver sbagliato tutto e viene semplicemente
trascinato nella corrente guidata dalla moglie. E soprattutto sente di non
essere stato presente quando il figlio aveva bisogno di lui, è proprio questo
malessere che da forma a questo personaggio, lasciandolo sempre sui bordi.
E infine, troviamo Gabriele, il cuore di serpente che si
insinua nella trama rendendola propria. Gabriele è disarmante, caotico e
intenso come può esserlo una di quelle tempeste estive, improvvise e brusche
che possono rimanere indimenticabili.
Gabriele infrange le piccole bolle degli altri personaggi,
costringendoli a fare i conti e a provare emozioni che bruciano, che ammaliano,
che conquistano.
Fragilità si schiudono, lente e timide, rivelando tormenti e
passioni che crescono e si ritirano come le risacche. Contemporaneamente, la
gelosia comincia a straripare dagli argini, appesantendoli, e un’atmosfera che
attende il tuono inizia a stirarsi nel romanzo, rendendo il lettore consapevole
di qualcosa che sta per rompersi.
La villa, proseguendo con la narrazione, se viene
osservata bene come fa Giulio, si possono iniziare a notare delle piccole
macchie, intemperie del tempo poco curate, che sporcano le mura. Ciò
rappresenta una forte metafora sui proprietari della casa. All’inizio appaiono
abbaglianti, immacolati, lucenti, ma è solo una facciata per non far notare le
piccole increspature che rivelano turbamenti e segreti che scorrono appena
sotto la superficie.
Gabriele e Giulio vengono inevitabilmente attratti l’uno
all’altro, come due naufraghi. Gabriele è così potente in tutto ciò che fa e
destabilizza Giulio, minando le sue poche certezze e decori, scoperchiando
emozioni che ribollono ardenti e agitate. Gabriele è fuoco languido, la
promessa di giovinezza che lo scrittore ormai ha visto seccarsi tra le dita. E
i due si lasciano andare ad una passione carica, che mozza il respiro e la
ragione.
Giulio scende vorticoso in qualcosa di sconosciuto ed
esaltante, ormai appare sempre più chiaro che il rapporto che ha con il suo
compagno, lasciato a Roma, è diventato l’emblema di qualcosa che non vuole più.
Un rapporto che è divenuto monotono, privo di entusiasmo a cui lo scrittore si
è prestato per comodità e paura. Eppure, Giulio sa che non avrebbe mai il
coraggio di lasciare andare la sua vita, con tutti gli artifizi di cui è fatta.
Gabriele rappresenta il tuffo pericoloso e agognato nel mare, ma Giulio ha
anche bisogno di stabilità, sicurezza, qualcosa che il giovane ventenne non gli
può dare.
I conclusivi capitoli riversano gli atti finali di un estate
maledetta, che ha inesorabilmente cambiato la vita di tutte le persone
coinvolte. Un plot twist che non mi aspettavo, che da la brusca risvegliata
prima di girare l’ultima pagina. L'estate è infine giunta alla fine.
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