La giostra della vita
Autrice: Lisa Beneventi
Titolo: La giostra della vita
Trama: "La giostra della vita" è la storia della famiglia Colombo che vive nelle terre emiliane, lungo le rive del Po. Cent’anni e più di eventi, vicende che hanno come sfondo la storia del Regno d’Italia e della Repubblica italiana fino al secondo dopoguerra e agli anni del boom economico. Nelle pagine di questa saga familiare la vita quotidiana di quattro generazioni si intreccia con storie e fatti straordinari, successi e fallimenti, lotte, guerre e rappresaglie. Tra alti e bassi, ricchezza e povertà, indifferenza verso i fatti politici o di partecipazione attiva in un campo o nell’altro, i personaggi si muovono su piani diversi, su e giù, proprio come sui cavalli di una giostra, trascinati da eventi più grandi di loro.
Prezzo di copertina: 18,00 euro (disponibile versione ebook con DRM a 5,99 euro).
Recensione.
La giostra della vita è un prezioso romanzo che ci permette
di vivere un grande pezzo di storia italiana in modo autentico, grazie alle
vicende dei suoi numerosi personaggi. Una nuova saga familiare che ci farà
attraversare tante vite intrecciate tra di loro, scaturita dalla meravigliosa
penna di Lisa Beneventi (il suo primo romanzo familiare "Siamo come farfalle" ne parliamo qui).
Uno degli aspetti che apprezzo moltissimo quando si parla di
romanzi a sfondo storico è trovare una bibliografia alla fine. Può sembrare un
dettaglio sottovalutato, invece, è confortante sapere che l’autrice ha fatto le
sue dovute ricerche proprio per poterci regalare un contesto storico ancora più
vero e immersivo.
Il libro si apre in un campo di battaglia, pregno di
disperazione. L’Italia non è ancora unita, dilaniata da battaglie e piccoli
focolai di rivoluzione, da tasse salate e da rivolte attese. In
quest’ambientazione facciamo la conoscenza di Domenico Colombo, che arriva al
podere di Luzzara, con l’intendo di recuperare le forze e fare qualche soldo
per poi partire verso il Nuovo Mondo.
Una serie di eventi drammatici muteranno totalmente Domenico
e i suoi desideri, lo vedremo cadere in basso nella più cieca disperazione per
poi raggiungere l’agognato momento della ribalta. Infatti, Domenico diventerà
il padrone di una casa colonica e dei suoi terreni e grazie alle sue fresche
idee investirà sulla terra e diventerà benestante. Ed è proprio qui che inizia
la storia dei Colombo, da sogni infranti di un giovane uomo che ha attraversato
la terra dilaniata dalla guerra e si è ritrovato a mettere radici in questo piccolo
e placido luogo. La famiglia si allarga.
La narrazione è limpida, piena e consapevole, capace di
saper trasmettere il miscuglio di sensazioni e incertezze del periodo vigente.
La prosa è impregnata di nostalgia e struggimento, di cose e persone andate
perdute che però aleggiano come fantasmi agli occhi di chi ancora sa vedere, di
chi ricorda, di chi è rimasto.
L’autrice riesce a sgusciare i suoi personaggi in modo
delicato ma profondo, rivelandoci persone con sogni e speranze ancora freschi
di gioventù ed innocenza, ma anche di durezze e sentimenti che corrodono e
gonfiano. Personalmente, rispetto al suo primo libro, ho notato una maggiore
maturità nella scrittura e nella capacità di saper ammaliare con le storie di
vita raccontata.
Le pagine e gli anni si susseguono, il vento del cambiamento
inizia a soffiare forte: i socialisti hanno una voce e desiderano riforme per
migliorare la vita della gente popolana. Tra i figli di Domenico c’è uno
spaccato: da una parte abbiamo Luigi, che sa lavorare la terra e conosce i
disagi e i bisogni della gente semplice, dall’altro abbiamo Giacomo, nato e
cresciuto da padrone, viziato, che incarna il punto di vista saccente dei
proprietari terrieri, di chi crede che gli sia tutto dovuto. Giacomo a cui
piace spendere e vivere la vita da signore, indifferente ai drammi, alla
guerra, ai problemi…che perderà tutto. Anche il podere di San Giorgio, che il
padre aveva conquistato pezzo per pezzo con tanto sudore.
L’abilità della scrittrice nel saperci far avvertire i
momenti storici decisivi, con una calma eleganza che ci sfiora lasciandoci la
pelle d’oca. Come il leggero volteggiare delle potenze verso il primo conflitto
che avrebbe inevitabilmente cambiato il mondo. Il saperci sull’orlo del
precipizio e comunque fingere di non vederlo.
Gli anni mutano. Le ferite della guerra e la povertà che ne
era susseguita stavano scivolando via. La gente ha voglia di ritrovare una
parvenza di spensieratezza perduta, sono gli anni ruggenti a suono di
charleston che entrano con passo emozionato, insieme a nuove innovazioni dove
lo stile di vita si fa un pochino più intraprendente, ma ben poco cambia nei
piccoli poderi e nei villaggi sperduti. E silenziosa, l’ombra del fascismo
inizia a stiracchiarsi e ad allungare i propri artigli in un Italia ancora
inconsapevole.
Insieme ai Colombo, vediamo intrecciarsi anche le vite di
altre famiglie: i Carrara, i Borghi insieme ad altri personaggi che entrano in
contatto con la famiglia protagonista. Personaggi gentili e odiosi, antipatici
e amorevoli che contornano la scena.
Le generazioni si susseguono, la terza e la quarta
generazione dei Colombo iniziano a vivere nei tempi moderni, ci si sposa per
amore e non più per dovere o denaro. Le donne iniziano a voler reclamare
indipendenza, una parola straniera nel loro vocabolo.
L’ideologia fascista è totale nel paese, eppure, i dissensi
ancora fioccano. Il ruolo fondamentale della famiglia, la spinta in avanti
nelle industrie, piccole modernizzazioni… non si può immaginare che le nuove
generazione dei Colombo sia in procinto
di vivere un altro conflitto, ancora più tremendo e totale del primo, che
scuoterà fino alla fondamenta i nostri personaggi e i loro ideali.
E qui l’autrice ci mostra come possano essere stati vissuti
quei momenti incerti, di quanto ancora la storia si stava compiendo, a piccoli
passi. Vediamo le chiacchierate tra amici che cercano di dare un senso ai nuovi
passi politi del duce, chi ascolta la radio con apprensione sperando in una
notizia migliore. Il cuore in gola al lettore che invece sa.
Il secondo conflitto mondiale porta cambiamenti radicali,
nuove disillusioni amare. E non finisce qui, perché dopo anni di scellerato
conflitto, l’Italia è presa dalla guerra civile interna, tra gli ancora
simpatizzanti del fascismo e collaboratori dei nazisti, tra partigiani
coraggiosi che lottano e rischiano la propria vita, tra chi ancora evita di
schierarsi. E i componenti della famiglia Colombo si perdono, si disprezzano in
schieramenti differenti.
Sono anni brutali, violenti, disperati, di fame e di stenti,
che modellano nel bene e nel male i personaggi. Ma la vita è come una giostra,
come dimostra il romanzo, e dopo i momenti bassi e incerti, si torna su.
Assaporiamo l’Italia post conflitto, il boom economico, nuovi sblocchi
lavorativi e rinnegare vecchi tabù. I baby boeme si gustano la loro gioventù,
contestazione, libertà, voglia di assaporare la vita, voglia di vivere il
momento, un prospetto di vita totalmente differente dai nonni e genitori
abituati, invece, al risparmio, alla parsimonia e agli stenti. Ed è in questo
nuovo ambiente frizzante e carico di energia che sfociano nuovi odi, disparità,
la voglia di ottenere, il desiderio di avere una voce.
Davvero, un romanzo che ti cambia per le vite di cui veniamo
attraversati durante la lettura.
Ma le protagoniste indiscusse del romanzo, per me, sono le
donne. Giovani donne messe sempre a tacere, come se fossero solo bei oggetti da
esporre, come se non avessero opinioni, bisogni, desideri. La mentalità chiusa
e ristretta soffoca e limita queste ragazze, queste sorelle, queste figlie,
queste mogli. Le lasciano analfabete, tanto cosa le serviranno mai a pensare e
occuparsi di politica? Che siano leggiadre, obbedienti e timide; che badino
alla casa e facciano il loro unico dovere che gli viene chiesto: badare al
marito e fare figli.
L’autrice ci conduce nei meandri di queste donne, sono tanti
i non detti che vengono espressi, e assistiamo al lento ma continuo appassire
di queste donne che avevano sogni e desideri.
Avvertiamo l’inadeguatezza, la vergogna, la rabbia,
l’incomprensione, l’ignoranza con cui queste donne vengono colpite. Donne
consumate dalle troppe gravidanze, dagli stenti, dal dover stringere i denti e
dal non essere riconosciute al di là del ruolo imposto.
E notiamo il silenzio. Il silenzio che veste queste donne
come protezione e come condanna. Nel silenzio si ritrovano, evitano di
esprimersi, di rispondere ad uno sgarbo, di mitigare il dolore. Viene chiesto
loro di tacere, di farsi da parte, di capitolare, per il bene dell’onore, della
famiglia, degli altri. Loro non esistono come persone, sono solo espressioni di
altro, riflessi opachi della casa, colonne che devono sostenere e non
esprimersi. Pian piano mentre le generazione cambiano, iniziamo ad avvertire,
però, una flebile speranza. Le figlie moderne escono dall’ombra dove le madri,
le nonne, le bisnonne, sono state costrette a vivere e iniziano a muovere i loro primi passi.
Avvertiamo l’amarezza, l’ingiustizia, la solidarietà,
l’indifferenza che le pagine ci comunicano, insieme ai loro personaggi proviamo
una vasta gamma di emozioni che ci travolgono composti: il sacrificio, l’amore,
la speranza, il sapore acre del tradimento, il dover sottostare ad altri, la
gioia euforica, i dolori frammentati e un terrore livido che taglia.
Un tema ricorrente del romanzo e spesso sottointeso è quello
delle maschere. Le maschere che indossiamo imposte per la società, per il
rispetto, per la famiglia, per dare una facciata vuota che sia linda e serena.
Le maschere che condannano e corrodono i personaggi del romanzo, in modo lento
sì ma inevitabile.
In conclusione, ci troviamo tra le mani una storia di vite
intrecciate, di perdono e di angustie, di vendette maturate e di sospiri
trattenuti la notte. Di mani callose che sanno di lavoro, di campi, di terra.
Di amore versato e non corrisposto, di quello mai trovato e sempre anelato, di
quello avuto e poi custodito.
La giostra della vita è un titolo che calza a pennello a
questo romanzo. La giostra, infatti, una volta azionata non può fermarsi, va su
e giù in un ritmo che può variare, e ai protagonisti non rimane che adattarsi
al movimento, di trarre qualcosa di buono anche nei momenti bui, a cercare una
nuova sinfonia che sia sopportabile. Il senso della vita sta tutto qua.
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