Va dove ti porta il cuore

 



Autrice: Susanna Tamaro

Titolo: Va dove ti porta il cuore

Trama: Un incidente, un ricovero, una vita che all’improvviso si fa più breve: quanti giorni restano a Olga, sola in casa con il cane Buck e i ricordi? Abbastanza, pensa, per condensare quei ricordi in una lettera, da lasciare alla nipote impegnata in un viaggio americano. Queste pagine sono un diario, una confessione, un flusso di coscienza in cui Olga racconta, finalmente, una verità che ha al centro un’ammissione terribile: «Da quando sono nata ho detto una sola bugia. Con essa ho distrutto tre vite». Riga dopo riga si dipana la sua storia segnata da conflitti e disillusioni: genitori duri e distanti, il matrimonio con un uomo anaffettivo, la guerra, gli scontri con la figlia Ilaria e la tragedia della sua morte prematura. Ma anche le gioie e le passioni, un grande amore clandestino e il legame più forte di tutti, quello con la nipote, la bambina a cui ha fatto da madre e che adesso sta cercando di ritrovare, da lontano, nella giovane donna che si è allontanata da lei. «Sei felice? È questo più di ogni altra cosa che mi sta a cuore» le scrive Olga, e in questa domanda accorata c’è il nucleo pulsante della maternità. Nel riversare sulla pagina eventi e sentimenti di tutta la sua esistenza, Olga supera le sue durezze e le sue fragilità, le ribellioni subite e le menzogne raccontate per proteggere chi amava, e passa il testimone di una vita: una grande, catartica verità, un addio e una rosa. Mostrando come la potenza delle parole e dei gesti più semplici possa interrompere le catene con cui il destino ci imprigiona attraverso le generazioni, e renderci liberi.

Prezzo di copertina: 15,00 euro


Recensione.

Va dove ti porta il cuore, un titolo di per sé evocativo con una storia che rimarrà con noi. Una storia che può avere benissimo delle risonanze di altre storie, anche qualcosa di mio. Di tuo.
La narrazione è limpida dai bordi affilati tesa a non lasciare indifferente il lettore. In uno spaccato di inchiostro e carta fuoriescono le fragilità, le incomprensioni, i desideri, i rimpianti.
La nostra protagonista è Olga, un’anziana donna che adesso vive sola, dopo che la nipote è partita per l’America. L’impostazione del romanzo è quella di un flusso di coscienza, dove Olga si scuce lenta davanti a noi, avvolgendoci di un’intimità che ci scorre addosso con potenza, facendosi riconoscere. C’è vita dentro queste pagine, una vita che è fatta di cose belle e alcune brutte, momenti cristallizzati ormai lontani dal presente, silenzi di case distrutte, di occhi che vorrebbero dire ma tacciano, di schianti improvvisi, di speranze che si accumulano in un treno in movimento.
Dunque, l’inizio del romanzo si apre proprio con Olga che è rimasta nella sua casa, con Buck, il cane, e la rosa nel giardino, pezzi della nipote che custodisce con cura, quando ancora bambina e nonna insieme condividevano tutto. Prima dell’adolescenza, dei silenzi, della rabbia, delle porte chiuse in faccia, delle incomprensioni che sbocciano quasi inarrestabili.
Olga ci racconta con lucidità momenti passati, srotolando di fronte a noi una complessità umana che non può essere definita semplicemente con bianco e nero. C’è qualcosa di sbavato, di colmo, di struggente nel ritmo narrativo, mentre sprofondiamo più giù nelle viscere della sua vita, che pian piano si rivelano.
L’infanzia di Olga non è stata tra le più fiorite, con dei genitori indifferenti a cui importava solo l’apparenza, vuoti significati e una densa solitudine. La nostra protagonista cresce in questo ambiente asettico che mira alla compostezza e ad un educato distaccamento.
La nostra protagonista, continuando questa regressione, si rimprovera di non essersi saputa aggrappare alla propria identità, lasciandosi demolire e rimettere a posto come meglio aggradava agli altri. E le domande la divorano, anche a distanza di decenni: se fosse stata più incisiva su alcune sue scelte le cose sarebbero andate diversamente? Forse sì, forse no. Chi può dirlo?
E di conseguenza, per quanto riguarda la figlia scomparsa, Olga si pente di averla lasciata libera, di essersi fatta trovare incerta e debole, non volendo marcare e modellare la figlia come sua madre aveva, inevitabilmente, fatto con lei.
Le pagine scorrono e ci comunicano l’inesprimibile, un dolore sordo che pervade l’inchiostro, un senso di sconforto, una colpa che pesa come un macigno rendendoci immobili, aggiungiamoci un po’ di rimpianto, una voglia di perdono e amore.
L’amore che macchia tutto, anche forse senza volerlo. Pare un po’ nascosto ma invece ne è il fulcro pulsante: l’amore di una nonna che prova per la nipote e attraverso un diario vuole esprimerglielo, prima che sia troppo tardi. O probabilmente proprio perché è tardi cadono le apparenze e i sensi di riguardo e c’è solo il desiderio freddo di volersi mostrare nudi, veri, solo per una volta. Senza nessuna corazza, senza giri di parole, senza tentare di trovarne altre migliori.
Olga, allora, si confessa e getta tutto nell’inchiostro che verga con mano stanca e un po’ tremante. Il suo matrimonio con Augusto, di una noia che ti penetra dentro guastandoti. Ci fa vedere un veloce scorcio della sua epoca, cosa volesse dire vivere sotto il fascismo, durante la guerra. Ma la sua vita appare monotona, statica, soffocante proprio per il suo non fare nulla. Per il suo lasciarsi spostare da altri, come se la propria volontà si sia disabituata a farsi riconoscere.
Poi, incontra Ernesto, vivace e intelligente con cui può parlare e tornare a vivere, dove viene ascoltata seriamente. Inizia una metamorfosi dove Olga sboccia: prova l’amore dolce e pieno per la prima volta con la sua furiosa intensità che mette radici.
Va dove ti porta il cuore c’è la vita che scorre e le sue miriadi di imprevedibilità, la paura della morte, i punti interrogativi che non hanno risposta ma che producono tante riflessioni che si diramano ovunque, c’è l’accettazione della fine di un’esistenza, il dolore della perdita e di ciò che poteva essere, c’è la forza della natura a cui si aggrappa, c’è la fede tiepida che riscalda, c’è il desiderio complesso di voler essere ricordati e di ricordare.
E scopriamo che questo flusso di coscienza, che queste lettere, oltre a volersi mettere finalmente a nudo, hanno il desiderio pieno d’affetto di voler salvare in modo viscerale la nipote. Di non farle fare gli stessi propri errori, di liberarla da un po’ di insicurezze e strade sbagliate, di dire la verità.
Con Olga viviamo anni inquieti, tristi, sereni,malinconici. È alla ricerca placida di un senso e permette a noi lettori di farle compagnia. I suoi pensieri sfiorano i nostri, la sua esistenza impatta la nostra. Dubbi, incertezze, piccole verità, segreti finalmente usciti dalle soffitte impolverate, mani che invecchiano. Davvero, c’è la vita in tutte le sue sfaccettature che sembrano volerci portare da qualche parte, ma noi siamo ancora in viaggio e sinceramente non so dove ci condurrà. Lasciamo Olga al suo capolinea, salutandola come una vecchia amica.
Però una cosa la ricordo, l’invito della scrittrice che soffia vita dentro il personaggio di Olga: va dove ti porta il cuore, seguilo e il resto poco importa. Seguilo e non perderlo di vista, non sminuirlo, e forse, qualcosa impareremo.



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