Il vento soffia dove vuole

 


Autrice: Susanna Tamaro

Titolo: Il vento soffia dove vuole

Trama: Ci sono momenti nella vita in cui si sente il bisogno di prendersi una pausa e ripercorrere con calma, senza le continue incombenze quotidiane, le tappe della nostra esistenza. Un viaggio che, anche nei momenti difficili e bui, ci ha portato a provare un sentimento di riconoscenza e gratitudine verso chi ha condiviso con noi il cammino, le prove, le epifanie. Così Chiara, alla soglia dei sessant’anni, approfittando dell’improvviso silenzio che avvolge la sua casa in collina, decide di scrivere tre lettere. La prima alla luminosa figlia adottiva, Alisha, ormai ventenne; la seconda alla diciottenne Ginevra, la problematica figlia naturale; e la terza all’amato e solido marito Davide, con il segreto intento che un giorno la farà leggere anche al piccolo Elia, arrivato in un momento di grande crisi familiare. Sono tutte, in qualche modo, lettere d’amore, declinate nei diversi linguaggi in cui si esprime questo sentimento invincibile e misterioso che ci lega indissolubilmente gli uni agli altri, aprendo nel nostro cuore porte segrete che non sapevamo di avere. Trent’anni dopo Va’ dove ti porta il cuore, Susanna Tamaro ci riporta all’interno di complesse dinamiche generazionali, regalandoci pagine preziose che sovrastano il vociare confuso di questi tempi. Il vento soffia dove vuole ci cattura, ci consola e ci guarisce.

Prezzo di copertina: 17,00 euro

Recensione.

Nuovissimo romanzo firmato dalla Tamaro, che torna ad emozionarci con una storia delicata e vera sull’essere umano e i suoi infiniti spigoli.
Chiara, la nostra protagonista, si ritrova sola nella sua casa in mezzo ai boschi appena dopo Natale. Approfitterà di questo breve tempo di solitudine e raccoglimento per scrivere tre lettere, indirizzate alla sua famiglia, in cui cercherà di trasmettere l’inesprimibile. L’amore, i sogni, il passato, le sensazioni che permangono, la vita che è stata vissuta e che la resa la donna che è adesso.
Chiara assomiglia in qualche modo ad Olga, la protagonista di “Va dove ti porta il cuore” (per recensione clicca qui); entrambe sono donne che si scuciono di fronte a noi, senza voler altro che mostrarsi per quello che si è. Entrambe trasmettono tanto attraverso carta ed inchiostro sperando di poter raggiungere i propri cari.
Ma le assonanze con il romanzo "Va dove ti porta il cuore" non finiscono qui: c’è il contatto lieve con la fede che arriva come la risposta che non si sapeva di star cercando, c’è la vita in tutte le sue forme e incongruenze a cui la protagonista da un senso, c’è il fulcro dell’esistenza che scivola in un multiuniverso composto da tante leggi che ancora non conosciamo, c’è la morte e la sua considerazione che può riflettere come una luna quieta sul mare oppure essere il baratro finale in cui veniamo risucchiati.
La narrazione della Tamaro non delude. La sua protagonista si sveste con una delicatezza decisa che sa di vita vissuta e desiderio viscerale di raggiungere le persone amate, di lasciare a loro qualcosa di concreto. Ma non solo, riesce a cogliere aspetti dell’esistenza che lasciano una scia di pelle d’oca e sensazioni ataviche che si risvegliano e si riconoscono nel lettore.
La prima lettera che Chiara scrive è indirizzata alla sua primogenita, Alisha, la figlia adottiva. Srotola di fronte a noi il suo bisogno d’identità che però non annebbia il presente, come invece temeva Chiara. Alisha è una luce che riverbera ovunque e riscalda il cuore della nostra protagonista.
Qui, Chiara, apre una digressione, e ci mostra sprazzi della sua gioventù rivelandoci il suo bozzolo di fragilità e solitudine. L’arrivo di Cesare, il ragazzo dell’ultimo anno di liceo che irrompe nella sua piccola bolla, scoppiandola. Cesare che le fa scoprire l’amore giovanile e la disperazione fredda e composta che ne consegue. La decisione, poi, di intraprendere gli studi di Biologia e la necessità di ritrovare bellezza in un mondo che le appare distante e inconcludente. L’apprensione che non ha un nome, ma che la segue da anni silenziosamente, un terreno pressoché sconosciuto dove emozioni differenti si rimestavano al pensiero dell’aborto avuto, il Problema rimasto sospeso dentro la nostra protagonista che diviene più grosso e ingestibile quando si accinge a diventare madre.
Chiara scopre nella lettera tutte le sue incertezze nell’adottare Alisha, soprattutto quando scopre di essere incinta di Ginevra. E poi l’amore che sboccia stabile e denso, per una figlia dall’altra parte del mondo che ti attende e che già senti tua. Seguono le piccole rivalità tra sorelle, le preoccupazioni di genitori che si proiettano in un futuro dove lasceranno sole le loro figlie. La lettera si conclude con la speranza calda come la promessa di un abbraccio, che Chiara riversa nella sua Alisha, sapendo concreta e gentile, a cui non smetterà mai di essere grata.
La seconda lettera è indirizzata a Ginevra, la secondogenita. Ci appare subito chiaro che il carattere di Ginevra è molto diverso da quello della sorella. Ribelle, aristocratica, fredda all’apparenza, capricciosa con un grumo affamato e arrabbiato che non riesce bene a capire. Chiara, sa che la figlia ha preso dal suo ramo materno e dall’orgoglio inculcato di appartenere ad una famiglia nobile e tutto ciò che ne comporta, dunque, Chiara con gentile fermezza decide di schiudersi davanti a Ginevra, attraverso parole vergate, raccontandosi e cercando di diramare un po’ la nebbia che avvolge la sua infanzia e quella apparentemente irraggiungibile di sua madre, la nonna di Ginevra.
Le narra degli anni Sessanta, Settanta, delle case enormi al centro città che nonostante tutti i mobili pregiati e gli austeri ritratti di famiglia conservava una desolata freddezza. Chiara nasce in una famiglia con genitori che si amano, ma lei si sente quasi estranea, una sorta di obbligo dovuto e svolto, un’erede di geni e avi, nient’altro. Le pagine crescono e veniamo a conoscenza della libertà sudata, sofferta ma anelata che Chiara intraprende per liberarsi dalla catena pesante che la tiene ferma in un sentiero già prestabilito. Una catena che rappresenta tante cose ma soprattutto l’eredità di una famiglia, di un destino già scritto e tracciato di cui si sarebbe dovuta solo limitare a percorrerlo quietamente.
Chiara e Ginevra, che ci appaiono opposte eppure vicine. La nostra protagonista racconta l’incontro con Davide, suo marito, che sembrava essere arrivato da un altro mondo e l’aveva vista per quello che era davvero. Le parla del salto generazionale, delle inquietudini cambiate e di come la tecnologia abbia mutato la percezione di ogni cosa, anche dell’essere umano.
Chiara conclude la lettera a sua figlia ricordandole di non sminuire le emozioni che la rendono la persona meravigliosa che potrà diventare e spiccare il volo.
La terza e ultima lettera, è dedicata a Davide, il marito. È la lettera più intima e vivida, Chiara riempie la carta con un’insieme di emozioni, riflessioni, ricordi che rendono tutti così realistico che lo avverti come se lo stessi provando tu medesima. Come se il confine tra Chiara e il lettore, che per tutto il romanzo è stato comunque flebile, di colpo scompare e ti schianti nella sua realtà, che si mescola alla tua senza più trovare una vera distinzione.
A Davide, Chiara si mostra con una libertà che è piena d’amore e di rispetto nei confronti di un rapporto che è cresciuto e si è ramificato nel tempo, diventando indissolubile e fondamentale, come se una parte di sé abbia finalmente trovato la metà mancante.
In questo romanzo sono tanti gli argomenti sfiorati che inducono il lettore alla riflessione. L’importanza della memoria, di lasciare qualcosa di concreto di sé per essere ricordati ma soprattutto per continuare in qualche modo ad esserci e non rimanere solo inanimate foto digitali salvate in qualche pc. L’importanza del dialogo, di esprimersi e di comunicare oltre le superficialità quotidiane e imposte. L’importanza di appartenere, sapere chi si è avendo consapevolezza di cosa c’è dietro, del bagaglio vasto e complesso che ogni essere umano trascina con sé. I drammi, le gioie, i dolori, tuoi, certo ma anche dei propri figli, genitori, nonni, risalendo in una spirale che sembra non avere mai fine. L’importanza di amare, senza nessun altro tornaconto. L’importanza di scegliersi e poter scoprire che seme essere. L’importanza dei genitori e di come essi appaiono agli occhi dei figli, entità che non sono proprio essere umani a sé, ma qualcosa di vicino e lontano che non è ben definito. E soprattutto la consapevolezza di poter amare senza altre pretese e saper riconoscere il dolore, proprio e quello altrui, cercare di levigarlo e rispettarlo.
Davvero, ci sono certi passaggi di questo romanzo che ti colpiscono ad una velocità preoccupante, feriscono e curano, esigendo di essere riconosciuti. Il vento soffia dove vuole ci scopre con delicatezza, sì, ma allo stesso tempo in modo intransigente, mettendoci di fronte alla vita con tutti i suoi misteri e sfumature di meraviglia e terrore. Sempre luce e oscurità, un equilibrio che dobbiamo imparare a saper apprezzare, tra le cose che esistono e quello che potrebbero. Galleggiamo tra onde di universi che collidono, tra possibilità reali e quelle quasi impossibili.
La Tamaro ci fa riscoprire la bellezza liberatoria di mettere per iscritto ciò che rimane dentro di noi. Quant’è soddisfacente e intimo scrivere una lettera? Riversare le emozioni che si addensano, i turbamenti che guastano, insomma, un piccolo scorcio di ciò che siamo davvero. E anche la possibilità preziosa che diamo al destinatario di mostraci per ciò che siamo, senza filtri, senza opinioni altrui, senza limiti.
In conclusione, Il vento soffia dove vuole ci colpisce con la sua spensieratezza, vivacità e pesantezza. Il punto è che non si può controllare, può risultare un concetto facile da capire ma in realtà non lo è. È l’accettazione di ciò che conduce alla maturità in una persona: ci sono cose che non possono essere controllate. Fa paura, vero? Sapere di essere in balia del vento e non poter far nulla; che sia una barchetta in un marre burrascoso di dubbi e rimpianti, che sia un altopiano dolce di ricordi e serenità stese ad asciugare, che sia nel baratro che tutti ci ritroveremo ad affrontare. È il Viriditas, l’energia della natura e di ciò che lo nutre, una forza inarrestabile che si trascina misteri eterni e che, a volte, ci può sfiorare con riguardo, concretizzando certezze e possibilità che non stanno mai ferme.
Il vento soffia dove vuole e improvvisamente ti senti un po’ in pace.
Queste lettere sono la manifestazione di tanti piccoli atti d’amore a cui si vuole lasciare un’impronta che abbia un senso. Lettere indirizzate a persone che le leggeranno solo dopo la fine dell’esistenza di Chiara. Eppure, l’amore contenuto e lasciato maturare in un inchiostro ormai asciutto ha saputo raggiungere anche noi.


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