I know what I saw. So cosa ho visto

 


Autore: Imran Mahmood

Titolo: I know what I saw. So cosa ho visto

Trama: Xander Shute, un tempo ricco banchiere e ora senzatetto per le strade di Londra, si ripara, per la notte, in un vuoto appartamento a Mayfair. Quando sente i proprietari rientrare, corre a nascondersi. Intrappolato nel suo nascondiglio, assiste alla discussione della coppia, diventando anche il testimone di un feroce omicidio. Ma chi è la donna che è stata assassinata? La stessa donna che secondo la polizia non poteva assolutamente trovarsi lì? E com’è possibile che l’uomo che ha visto insieme lei la stia facendo franca? Mentre Xander cerca delle risposte, la sua memoria viene messa alla prova, costringendolo ad affrontare un passato doloroso sepolto da tempo. Quanto è disposto a rischiare per scoprire la brutale verità?

Prezzo di copertina: 16,00 euro

Recensione.


So cosa ho visto è un thriller psicologico e ci mostra un enigma complesso, che inesorabilmente ci conduce nei meandri scivolosi e celati della mente umana. 
Puoi fidarti di te stesso? 
È la domanda che ci accompagnerà per la lettura, rendendoci acutamente consapevoli di una tensione sottile che inizia ad incollarsi al lettore. 
Xander Shute è un senzatetto che vaga nella cittadina londinese e che per una serie di ragioni si ritrova ad assistere ad un delitto. Quando andrà dalla polizia per denunciare l’accaduto una serie di incongruenze fuoriescono: l’identità della donna assassinata, l’assassino con un alibi perfetto e l’inesistenza della scena del delitto...la casa, infatti, è immacolata. 
I ricordi del protagonista sono scivolosi e annebbiati, a seguito di una ferita riportata alla testa. 
Chi ha ragione? 
Abbiamo appena compiuto i primi passi dentro il romanzo e già ne siamo incuriositi. 
La narrazione è ipnotica, il protagonista ha tutta la nostra concentrazione mentre ci addentriamo, insieme a lui, sempre più a fondo nei meandri di questa storia...che sa di pioggia, di inquietudini lievi e qualcosa fuori posto che non riusciamo a visualizzare bene. 
Scritto in prima persona, ci troviamo agguantati dal suo flusso di coscienza dove Xander rincorre pensieri che gli sfuggono, lampi di ricordi di una vita, mentre conosciamo meglio il nostro protagonista.
Ed è proprio la passività di Xander nei determinati frangenti in cui si compiva il delitto che lo spingono a tentare con tutte le sue forze di dimostrare come abbia ragione per dare giustizia ad una donna sconosciuta. La colpa di non essere intervenuto diviene un peso insostenibile
La realtà ha i contorni sbiaditi, impasticciati da tanti piccoli dettagli lasciati a metà, mentre seguiamo Xander nel cercare di delineare i suoi confini, rimanendo lucido, mettendo a fuoco ciò che conta. 
Ci troviamo di fronte un problema complesso, soprattutto perché nessuno gli crede. E gli indizi non vanno a suo vantaggio...eppure, Xander sa cosa ha visto. Non può arrendersi. 
La scrittura è corposa, piena di minuzie interessanti, che fa creare al lettore un legame con il protagonista, tuttavia, allo stesso tempo c’è qualcosa che ci fa mantenere un’allerta costante. 
Infatti, si avverte un’ansia sospesa che non ci prende mai davvero ma rimane sopra di noi, minacciosa. C'è, invece, una vaga inquietudine nell’inoltrarsi in questo romanzo: qualcosa di sbagliato che non riusciamo bene ad afferrare. 
Il bisogno incessante di far sia che giustizia venga fatta si inerpica anche ad un bisogno intimo di Xander nell’ergersi a fare qualcosa di giusto; Xander vede la sua vita in modo differente dopo l’omicidio, come se gli eventi assistiti in quella tragica notte gli avessero sollevato la tiepida cortina che rendeva tutto vago e lontano da lui. Gli anni da vagabondo, le colpe, le paure, il saper di non essere stato abbastanza, di non aver fatto abbastanza. Ed ecco che il viso della donna assassinata si contrappone a visi conosciuti e fondamentali della sua vita: Grace, Rory, Seb, visi che gli ricordano di aver mollato troppo presto. 
La realtà impatta il protagonista con forza, non lasciandogli scampo. E stavolta Xander è determinato ad andare fino in fondo. 
I ricordi si intrecciano tra di loro, in un continuo ondeggiamento tra passato e presente. C'è una disperazione composta che ci stuzzica, mentre con Xander cerchiamo di fendere la nebbia che custodisce frammenti di ricordi, qualcosa di importante che dovremmo agguantare per fare un po' più di luce nella vicenda. 
Xander si è rivelato un personaggio complesso e chiuso ermeticamente. La sua vita da vagabondo ha innescato qualcosa: il desiderio primordiale di fuggire da se stesso, dai suoi pensieri e dai suoi ricordi. Come se stare in strada anestetizzasse tutta quella massa di emozioni troppo complicate da poter sistemare, e si fa spazio ad azioni più istantanee: tenersi al caldo, trovare un luogo dove dormire, muoversi sempre. 
Ma la memoria è insidiosa, e noi ne diventeremo acutamente consapevoli durante la narrazione. 
I ricordi sono scollegati tra di loro, un puzzle disordinato che acquisterà un senso solo dopo aver compreso il loro ordine. Affanniamo con il protagonista cercando di incastrarne il più possibile. 
Ed ecco che il primo dei plot twist viene innescato! Il romanzo ben avviato, ad un certo punto, prenderà risvolti inaspettati: uno dopo l’altro, stringendo pericolosamente il ritmo e trasformandolo in un fascio di tensione irrespirabile. 
Non dico altro per non evitare spoiler, ma è stata davvero una lettura che mi ha tenuto curiosa e interessata per tutta la sua durata.

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