La notte delle anime perdute

 


Autore: Paolo Prevedoni

Titolo: La notte delle anime perdute

Trama: Avete mai sentito parlare di Valpelù? Se la risposta è no, vi do un consiglio. In caso capitaste a tarda notte in qualche sperduto bar della provincia padana, prestate ascolto ai sussurri degli anziani avventori, mentre raccontano la storia del "paese delle anime perdute" a quei pochi sprovveduti che ancora non la conoscono. Quando ci si mette in viaggio sulle strade della pianura, immerse nella nebbia, è bene sapere ciò che può accadere se ci si dovesse perdere. Perché la leggenda vuole che a Valpelù si svolga un gioco molto particolare, dove la posta in palio è la sopravvivenza. Un gioco inventato dal diavolo in persona. E una volta smarriti nel paese delle anime perdute, non è facile ritrovare la via di casa. Paolo Prevedoni torna con una nuova storia, che mescola abilmente lo spaghetti western di Sergio Leone con il survival horror di George A. Romero e John Carpenter. Un viaggio allucinato nel cuore di una notte senza luna, dove le tenebre celano gli incubi più terribili, i mostri più terrificanti, e dove il sorgere del sole sembra essere l'unica speranza.

Prezzo di copertina: 16,00 euro.

Recensione.

Una storia che sembra più vera all’imbrunire, quando le ombre si allungano ed iniziano a sospirare. E forse, riesci quasi a scorgere l’essere vestito da cowboy distorto, immobile, che sembra fissarti. Ti invita a giocare. 
La notte delle anime perdute è un survival horror che non si riesce a smettere di leggere, in quanto originale e ben sviluppato, siete avvisati. 
Giovani che si perdono tra la nebbia densa e uno scenario infinito di campi grevi e strade dritte, fino ad arrivare ad un paesino disabitato. Il cartello dice che è Valpelù. Eppure, le persone che si imbattono in questo cartello e che abitano in zona dalla loro intera vita... non ne hanno mai sentito parlare.
Incontriamo i nostri personaggi, che sono accomunati da un’incognita: tutti si perdono inoltrandosi nella nebbia e finiscono in questo paesino disabitato e fatiscente. E mentre vagano confusi, in cerca di campo, si imbattono in uno strano uomo, con un cappello da cowboy e denti luccicanti. 
L'incubo è in procinto di iniziare. 
La narrazione è di impatto, tagliente, volta a sconvolgerti; una prosa mordace e sospesa, che non sai mai quando sta tendendosi per colpirti. 
Un’incidente in una strada in mezzo al nulla lattiginoso di nebbia, il tornare da un matrimonio, l’andare a trovare la madre al cimitero, il ritorno da lavoro. Sembrano tutti vittima di un caso, dal quale i personaggi si ritroveranno intrappolati in questa cittadina. Omar ed Emma, una coppia sposata, Gabri e Dodo, due amici, Barbara, Manuel e Stefano, Cristian. 
La giostra è piena, e gli ingranaggi possono iniziare a muoversi. 
Si ritroveranno ad essere stanati da essere strani, orrendi, temibili, che sembrano vagamente umani ma che hanno le forme grottesche di enormi insetti, tutti rigorosamente con il capello da cowboys, che rende tutto ancora più inquietante. 
La paura è un sentimento così immenso e frastagliato in questo volume, ne scandagliamo i suoi abissi. Il panico, come acido, che corrode. Il terrore gelido che contorce le viscere facendoti provare quasi un senso d’irrealtà. Lo sbigottimento che pare non avere fine. 
L'autore riesce bene a farci avvertire la potenza di queste emozioni che gestiranno l’intero romanzo. E al centro di tutto che ingarbuglia il resto c’è la paura primordiale del buio, fitto e assoluto, che emerge con brutalità. Il buio che annulla la luce e dove al suo interno si possono annidare gli esseri cattivi, il mostro che ti prende.
 Appare ben presto chiaro ai superstiti, rifugiati in una delle casine vuote, che se vogliono sopravvivere devono accettare la possibilità che si è avverato l’impossibile. Solo accettando possono andare avanti e tentare di tenersi saldi sui luccichi di razionalità, flebili e scivolosi, senza lasciarsi andare alla disperazione che preme i suoi bordi. Ma... la paura non si comanda, non davvero. 
Dunque, sì, è tutto reale: si sono chiusi in una cascina, puntellando la porta con il legno trovato, e sistemando sulle finestre le lanterne trovare all’interno. Gli uomini insetto hanno paura della luce, pare essere l’unica cosa che li tiene distanti. 
Ma cosa accadrà quando l’olio si esaurirà? 
C'è un assurdo strano e paradossale che infrange le pagine e stuzzica i personaggi. Uomini insetto ingigantiti, televisioni che scompaiono, rimasugli di epoche diverse sparsi nella cittadina, persone uccise davanti ai loro occhi che ritornano da insetti, e la Paura. La paura che sussurra cose che non si vorrebbero mai ammettere. 
Emerge la leggenda di Valpelù, un luogo che non ha un posto esatto, una caccia dove le anime perdute per sopravvivere devono sfuggire alle creature infernali e trovare la via di ritorno. Un passatempo divertente del diavolo. 
I nostri superstiti avvertono tutto il peso immane e soffocante di essere delle prede indifese, in un gioco pericoloso... che forse è senza scampo. 
Ma, come ogni gioco che si rispetti, si devono seguire delle regole per poter uscire da Valpelù: sopravvivere la notte e scovare la porta segreta visibile solo al buio ma che devono attraversare con la luce del sole. 
La speranza ondeggia come la luce delle lanterne accese, un pozzo di sicurezza in un mare di oscurità... ma basta un soffio per estinguerla
Ci sono tratti in cui la prosa pare ribollire, diventando ruvida di violenza, e possiamo quasi avvertire addosso l’odore della paura e le sensazioni intense che i nostri personaggi stanno provando, con una lucidità nitida che li mette a fuoco. 
La crudezza di alcune parti ferisce e c’è una ferocia che preme i bordi, portando con sé il nauseabondo profumo di fiori, che preannunciano solo guai. 
La notte pare infinita ai nostri personaggi, e il terrore si sbriciola nel grottesco che sa di angoscia. E iniziamo ad intravedere qualcosa di più anche sulle dinamiche che si creano all’interno del gruppo, per nulla coeso. Lentamente la follia cerca di conquistarli, la rabbia che preme per rendersi manifesta, e la paura che assume forme differenti può renderli accorti o maledettamente stupidi. 
Durante la storia, mentre ci inoltriamo tra le sue profondità, si crea un’interessante contrapposizione. Da una parte abbiamo i cowboys insetto, dall’altra il gruppo di superstiti che gli eventi della notte stanno rosicchiando lentamente: c’è chi esce una grinta d’acciaio, c’è chi si lascia trascinare dalla corrente più forte, c’è chi sboccia un egoismo crudele che tentano di mascherare... ma tutti sfiorano un confine labile, sospinti dal terrore, dalla voglia di sopravvivere, dalla rabbia, dalla impotenza. Un confine che li rende umani e non mostri. 
Un confine facilissimo da sorpassare, soprattutto in notti come queste, e alcuni di loro si ritroveranno dall’altra parte, diventando un tipo di mostro differente da quello a cui stanno cercando di scappare, più contorto e nascosto. Che riserverà qualche sorpresa. 
E quando credi di aver capito la direzione che la storia ha preso, ecco che l’autore ti stupisce, invertendo la rotta e conducendoci in un luogo diverso, inaspettato, finto. 
Il cuore in gola, l’esasperazione e l’accettazione che danzano tra di loro, bisticciando, e non sai più cosa fare... ma ecco che ricordi una delle regole fondamentali del gioco: le anime perdute devono avere una reale possibilità di fuga. 
E forse proprio perché si sente che la fine è vicinissima, come non lo è stata mai, tutto diventa intorpidito. I nostri superstiti si mostrano agguerriti, come vecchi eroi perduti di film western, mostrando una risolutezza disperata. Ormai si è incapaci di smettere di leggere. 
Segui i loro passi con un'afflizione assai sentita mentre si dipanano gli ultimi atti di questa storia. E il terrore incommensurabile, che si prova, nello sfiorare l’infinito, il bordo dell’Oltre che si spalanca su cose che non ci è permesso sapere. 
Il Bene e il Male, uguali nella loro brutalità e che possono entrambi suscitare timore. Tra l’altro, originale il modo in cui l’autore decide di personificare tali rappresentazioni. 
La notte delle anime perdute è stato un romanzo bellissimo da leggere. Intrappolati nella storia, con una narrazione versatile che riesce a sottolineare il miscuglio di emozioni ed inquietudini che si provano durante la strada. 
Chiudiamo il libro con un brivido di possibilità che ci percorre. Perché a volte, semplicemente, le cose più assurde accadono e basta.

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