Un anno senza estate

 


Autore: Paolo Fumagalli 

Titolo: Un anno senza estate

Trama: Prendendo spunto dall’incontro avvenuto a Ginevra tra Percy e Mary Shelley, Claire Clairmont, Lord Byron e John Polidori, l’autore racconta in modo romanzato la genesi di Frankenstein, del Vampiro e di altre opere create all’interno del gruppo di artisti. L’ispirazione è di impronta storica, mentre gli argomenti sono liberamente trattati. Fumagalli utilizza l’escamotage di un rapporto, inventato, tra Mary e un misterioso personaggio per parlare della condizione della donna, delle difficoltà che si incontrano nel seguire i propri sogni, dell’importanze dell’arte - e in particolare della letteratura, del fascino di individui fuori dal comune, delle complessità dei rapporti familiari e dell’amore.

Prezzo di copertina: 17,40 euro.

Recensione.

Un anno senza estate gira intorno al periodo in cui Mary e Percy Shelley, Lord Byron e il dottor John Polidori si riuniscono per trascorrere insieme un’estate tra le sponde del lago di Ginevra. 
Come ci avverte l’autore la storia non ritrae fedelmente quei giorni ma si prende la licenza di essere romanzata, una nota che riesce a dare un tocco in più all’intera vicenda narrata. 
Si prospetta un romanzo colmo di poesia e ideali, lasciati correre liberi e insieme, alimentati dalle menti artistiche e anticonformiste... che sono rimaste immortali anche dopo il loro secolo
Il libro è in sottoforma di diario, dunque, viviamo gli eventi dal punto di vista della nostra protagonista, Mary, che ci lega ai suoi pensieri intimi caratterizzati da una fresca schiettezza
La prosa è pulita e colma di una bellezza quasi palpabile che pare circondarci con la sua nota evocativa. Viviamo l’incanto del lago, i misteri dei giardini dove fanno capolinea statue vestite di edera, ed una villa dalle ombre che tremolano al lume di candela mentre vengono letti racconti macabri. 
I personaggi sono ben presentati: Percy è brillante, allegro e pieno di una vitalità propria; Byron è affascinante e decadente, che riesce a giocare con una nota di tenebroso mistero onnipresente che lo rende magnetico; Polidori, intelligente ma quieto, messo in continua penombra dagli altri due uomini; Claire, sorellastra di Mary, vivace ed innamorata. 
E infine, abbiamo la nostra Mary, mite ma capace di agitare tutto intorno a sé. Attende l’ispirazione giusta per dare sfogo alla sua immaginazione, e pian piano il soggiorno alla villa, con le sue luci e tenebre tremolanti, riuscirà a fare accendere la scintilla attesa di un’idea che la renderà eterna ai posteri.
Si crea, dunque, un’atmosfera vivace di chiacchiere e dibattiti arguti, accompagnati dal buon cibo e da bicchieri di assenzio. Ed è qui che turbamenti vengono scoperchiati, sensibilità lasciate defluire davanti a tutti, ed ecco che entra il gotico, l’interesse per le cose oscure e i lembi nascosti dell’animo umano
Le pulsioni profonde connesse intimamente all’amore e alla morte. In mezzo a tutto questo il fervore della fantasia con la sua capacità di legare insieme il tutto. 
Proprio una di queste sere, Lord Byron, propone un gioco letterario per passare il tempo: scrivere un racconto del terrore, che tutti accettano con curiosità. 
L'autore riesce bene a delineare il cambio di atmosfere, conducendoci in una penombra ricca: spettri che vagano, fantasmi che appaiono, c’è il desiderio del pauroso che scoperchia emozioni forti ed inaudite che impattano sui nostri personaggi. Il sinistro, il macabro che inondano i sensi, già percettivi dal laudano e dalla Fata Verde. 
Fuori piove, c’è oscurità che viene lambita solo dalla luce tremolante delle candele e dalla voce profonda che legge storie d’orrore, catturando l’attenzione di tutti. C'è un senso di possibilità che spalanca porte inaccessibili alla luce del giorno, scricchioli e gemiti di vento che possono diventare tutto o nulla. Una lenta inquietudine inizia a tendersi e a gonfiarsi attendendo lo scoppio che investirà i nostri personaggi. 
Mary inizia a pensare all’idea giusta per il suo racconto. Esplora la possibilità di personaggi solitari, infelici, esclusi dalla società, con la prerogativa di poter vagare tra le due realtà, quella dei vivi e quella dei morti. Maturando l’idea che vuole porre alla base del racconto, notiamo come sia alimentata dal desiderio di dimostrare la propria validità, sia agli amici già avviati ed affermati artisti, ma soprattutto a sé stessa. 
Nel mentre i dibattiti tra gli amici si intensificano, si discute sull’esistenza dell’anima e di Dio, sul progresso e antiche conoscenze. C'è un'aria piena di fermento che cattura il lettore
Mary sceglie abilmente di ambientare il proprio racconto non in manieri e luoghi spettrali, un po' cliché nei racconti d'orrore, ma piuttosto all’interno della società che si evolve. Le idee corrono veloci e Mary sceglie con consapevolezza cosa poter inserire e articolare. 
Supportata da Percy, inizia a rendersi conto che il racconto breve può ampliarsi, dandogli la possibilità di esplorare nuovi temi e scene, insieme alla caratterizzazione dei suoi personaggi. 
La prosa sfiora la poesia nelle sue descrizioni piene, mentre giugno arriva e passa tramutandosi in luglio. È estate ma il tempo muta. Respiriamo il terreno umido, la nebbia bassa, un cielo plumbeo che rende il paesaggio vissuto e malinconico... in attesa di qualcosa che lo agiti, che gli dia un senso. 
La storia ha un accento di sensualità libera che non mi aspettavo, ma che rende conturbante l’intera vicenda: la dinamicità, i sotterfugi, i desideri che uniscono ma al tempo stesso dividono gli abitanti della Villa. 
Ho apprezzato la capacità di saperci far percepire la sensibilità che permane l’intera figura di Mary, l’autore è riuscito a dargli una forma delicata e affamata. 
Durante il soggiorno al lago, Mary si sente incuriosita dalla figura sconosciuta di un pittore tedesco, anche lui dimorante in una delle case vicine. Mary fantastica sui quadri che starebbe dipingendo fino a spostarsi sull’immaginare lo stesso pittore...finché, un giorno in solitudine decide di scoprirlo da sé. 
Il pittore Victor è strabiliante. Mary sente un’affinità sorprendente, che ciba l’immaginazione su ciò che sta scrivendo. E anche Victor chiede a Mary di farle da musa. Il rapporto che si viene a creare è senz’altro peculiare e conturbante, soprattutto dopo una certa rivelazione che getta la loro connessione in tutt’altra luce. 
Nel romanzo si intrecciano insieme ardore, mistero, tormento, solitudine, emozione, tutto sembra avvilupparsi in un incantesimo
La voglia di scrittura di Mary è un processo meraviglioso, una smania di dover scrivere e mettere su carta l’atto di creazione. 
Il libro riesce a farci sbirciare meglio le fasi che portano alla realizzazione di un’opera. L'obiettivo che può anche trasformarsi in ossessione, nel dover scrivere costantemente dove nulla sembra avere più importanza. Di non vivere più la realtà ma di errare tra freschi nuovi mondi creati, vedendo fin dove si potranno spingere. Qui non solo troviamo Mary, alle prese con la sua idea che cresce e si articola sempre di più, ma anche Byron, assorto in un castello tra le Alpi insieme all’evocato Manfred.
Il potere dell’immaginazione unito all’estasi di poter creare qualcosa di meraviglioso sta tutto qui, e noi assaporiamo questo incantamento attraverso i personaggi del romanzo. 
L’anno senza estate si riferisce alla particolare estate che da l’ambientazione del romanzo, il 1816 caratterizzata da grandi anomali climatiche che qui vengono anche reinterpretate in chiave poetica. 
Ed eccolo l’anno senza estate, proprio perché Mary è immersa in modo febbrile nel proprio racconto che rifugge l’estate e che invece la conduce in un grigio Novembre, pieno di cupezza, solitudine e un'orrore che inizia a saper camminare. Ma non solo, Mary è attratta dal suo Autunno, che si muove tra le tenebre come sospeso in un sogno che non ha mai davvero fine
Un romanzo sentito che riesce a farci vivere con intensità emozioni contrastanti, attraverso i pensieri di una Mary Shelly in procinto della sua maturazione letteraria.

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